La mozione di sfiducia di Fratelli d’Italia contro il ministro della Salute Roberto Speranza, lo ammetto, mi lascia molto perplesso anche perché mi sembra destinata a creare imbarazzi più alla concorrenza del centrodestra (Lega e Forza Italia) che al governo Draghi.
Detto questo, però, mi ha divertito non poco l’uscita di Stefano Fassina – deputato di Liberi ed Eguali e ora autorevole esponente di Patria e Costituzione – che richiesto di un parere sulla mozione di Giorgia Meloni, ha obiettato che quanto decide o decreta un ministro ricade sotto la responsabilità dell’intero governo. Ma davvero? Quindi la sinistra s’era sbagliata nell’affidare alla magistratura l’incarico di indagare sull’operato del ministro degli Interni Matteo Salvini al tempo degli sbarchi in Sicilia?
Ci sarebbe da ironizzare sul fatto che una magistratura di sinistra induca postcomunisti, post-azionisti, post-democristiani progressisti a mettere in soffitta il principio alla base della democrazia liberale che attribuisce ai rappresentanti del popolo sovrano il potere di scrivere le leggi e di governare; ma tant’è, se il potere non lo ricevono dalle urne, i politici responsabili se loprendono dalle toghe. Tanto più che nel nostro paese la sicurezza del diritto è l’araba fenice di Metastasio, “che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”.
Le leggi, diceva Giovanni Giolitti, si applicano ai nemici e si interpretano per gli amici sicché stabilire se c’è stato un reato dipende, spesso, da chi ne viene incolpato. Una rara edizione offerta da un assessore a un professionista a compenso di servigi resi gratuitamente a un ente pubblico e messa in conto a quest’ultimo, può comportare la galera mentre la svendita dei beni dello Stato non indigna nessuno né attiva alcuna inchiesta giudiziaria.