Non si placa la polemica. Piero Fassino, esponente del Partito Democratico, è oggetto di grande attenzione mediatica in seguito alle accuse di furto. La vicenda è nota e si concentra attorno ad una boccetta di profumo Chanel Chance dal valore di 130 euro: la Polaria nei giorni scorsi ha redatto la sua informativa e l’ha consegnata alla procura di Civitavecchia, che ha aperto un fascicolo e chiesto ulteriori indagini. Ma già quanto contenuto nella ricostruzione degli agenti basta a mettere l’ex sindaco di Torino sulla graticola. Sei testimoni sarebbero infatti pronti a giurare che Fassino voleva rubare e secondo alcuni di loro avrebbe già tentato in almeno altre due occasioni di sottrarre un profumo. “La prima volta che l’abbiamo pizzicato è stato sotto Natale – ha detto una dipendente del duty free al Fatto Quotidiano – L’abbiamo perdonato. Però poi l’ha rifatto ancora, e ancora…”.
Come riferito anche da “La Stampa“, tre sono gli episodi che mettono sotto la lente d’ingrandimento le azioni del politico: uno sotto Natale, un secondo il 27 marzo e infine un terzo il 15 aprile. Tuttavia, l’ultimo di questi – avvenuto il 15 aprile – è stato quello a scatenare la denuncia. Durante questo episodio, Fassino è accusato di aver tentato di rubare il profumo nel duty free del Terminal 1 dell’aeroporto di Fiumicino.
Le parole della prima testimone, una giovane impiegata, sono fondamentali per la ricostruzione degli eventi: “Era dicembre 2023, poco prima di Natale, non ricordo bene il giorno. Ho visto il politico entrare nel nostro negozio e l’ho riconosciuto. Poco dopo, con mia sorpresa, ho visto che nascondeva uno Chanel Chance dentro al suo trolley. Ero a disagio ma l’ho avvicinato e gli ho chiesto se aveva bisogno di aiuto. Quella è stata la prima volta, poi sono arrivate le altre due”.
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Durante il secondo episodio – avvenuto il 27 marzo – la stessa testimone ha pensato che potesse succedere di nuovo. Ha quindi chiesto l’intervento della sicurezza, ma il politico sarebbe riuscito ad allontanarsi. Nel terzo episodio, avvenuto il 15 aprile, la situazione sarebbe andata diversamente. La sicurezza del duty free è intervenuta con successo e il politico è stato identificato dagli investigatori.
Alcuni dipendenti del duty free si sono sbottonati col Fatto Quotidiano. Si tratta di altre persone rispetto a quelle ascoltate dalla Polaria. “I nostri hanno fermato Fassino sicuramente a Natale, tra il 20 e il 21 dicembre – dice uno di loro – Aveva il profumo in tasca. È stato un momento molto concitato, lui ha cercato di spiegare e i colleghi hanno chiuso un occhio”. Un altro dipendente rivela invece quanto successo qualche mese dopo: “Fine marzo, tra il 27 e il 30 marzo, prima di Pasqua. Quella volta se n’è andato con il profumo in tasca”. Infine, il 15 aprile: “Stessa mossa, stesso profumo. Il video l’ho visto, abbiamo fatto capannello, non ci potevamo credere”. Lo stesso testimone nega però che Fassino abbia detto “non sapete chi sono io”, come trapelato da alcune cronache in questi giorni: “Era nervoso, forse impaurito. Era offeso perché dubitavano di lui, ma ormai non si poteva più lasciare correre”.
Nonostante le accuse, Fassino gode dell’immunità parlamentare, aspetto che potrebbe avere un impatto significativo sulle indagini e sulle eventuali conseguenze legali. Secondo l’analisi dell’esperto Alfonso Celotto, bisogna capire se il reato per cui viene indagato è connesso alla funzione. In caso di colpa accertata, il Parlamento europeo dovrà autorizzare la richiesta di rinvio a giudizio. Tuttavia, vista la tenuità del reato, il sostituto procuratore potrebbe anche chiedere l’archiviazione.
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