Mentre in Francia si ballava sulle piazze per l’abolizione di gran parte delle restrizioni sanitarie (è rimasto solo l’obbligo delle mascherine sui mezzi pubblici e negli ospedali), nella mia regione d’elezione, la verde Umbria, la psicopolizia sanitaria intensificava i controlli, così come riportato da alcuni giornali locali.
Secondo un lungo articolo pubblicato da QuotidianodellUmbria.it, detti controlli sarebbero “finalizzati a verificare il rispetto delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica.” Tanto è vero che nell’operazione, che ha visto coinvolti gli agenti dei commissariati di Perugia, Assisi, Città di Castello, Foligno e Spoleto, si sono battuti tanto i quartieri centrali che quelli periferici, con particolare attenzione alle zone commerciali e alle stazioni ferroviarie. L’azione, si legge ancora, “si sarebbe concentrata sulle verifiche circa il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie e il possesso delle certificazioni verdi all’interno dei centri commerciali, nei cinema sui mezzi di trasporto pubblico, nei bar e nei ristoranti.”
Ebbene, dopo aver verificato circa 4.000 abominevoli green pass ed alcune centinaia di attività di vendita al dettaglio, è stato scovato un solo soggetto irregolare, se così vogliamo definire il disgraziato. Sembra infatti che un dipendente di un negozio di ortofrutta sia “stato sorpreso – così riporta il pezzo citato – a prestare la propria attività lavorativa in assenza del previsto green pass”. Il poveretto, a seguito della contestazione degli agenti, avrebbe poi dichiarato a verbale: “pensavo di essere in regola.” È probabile che il malcapitato era finora vissuto nell’illusione di trovarsi in un Paese normale, cosa che questa demenziale guerra al coronavirus ha clamorosamente smentito.