Numerose, infatti, sono state le critiche espresse da diversi esperti intervenuti alla riunione, al netto di un voto finale tuttavia favorevole, in contemporanea alle forti pressioni dall’amministrazione americana che insiste affinché il vaccino ai bambini parta il più velocemente possibile. Le stesse pressioni che hanno portato a fine agosto 2021 Marion Gruber, storica direttrice dell’Ufficio Vaccini dell’Fda, a dimettersi insieme con il suo vice in polemica con il governo federale che sollecitava parere favorevole su terze dosi e vaccinazioni pediatriche. Ogni mondo è Paese, insomma.
La riunione dell’Advisory Committee è durata 8 ore; hanno partecipato importanti epidemiologi, biostatistici, pediatri, immunologi e allergologi selezionati dall’Fda in tutto il Paese in base alle loro competenze. Molti esperti hanno innanzitutto espresso contrarietà rispetto alla “fretta” di Fda nel voler concedere l’autorizzazione al vaccino anti-Covid per i bambini, prodotto da Pfizer.
Perché gli esperti parlano di “fretta”? In effetti, nella segnalazione ufficiale sui trial su bambini e giovani adulti che Pfizer e BioNTech hanno trasmesso al Nih (National Institute of Health americano), conservata nel database clinicaltrials.gov, la data prevista per il completamento dei trial è quella del 18 giugno 2024. Ecco perché, fino al 2024, il farmaco è da considerarsi ancora sperimentale e quindi deve essere usato per solo uso emergenziale, come prevede ogni autorizzazione Eua (Emergency Use Authorization), coinvolgendo di solito soltanto i soggetti a rischio. Cosa che in realtà non accadrà: se Biden ha già pronte 28 milioni di dosi, è chiaro che la somministrazione verrà “offerta” a tutti i bambini americani (e poi a tutti i bambini europei ed italiani) e verosimilmente pretesa per poter esercitare (in Italia, attraverso obbligo di green pass) diritti intangibili, come ad esempio fare sport, andare a un museo e svolgere, insomma, tutte le attività che contribuiscono allo sviluppo psicofisico dei minori.
Tornando alla riunione Fda, molti esperti si sono dichiarati scettici sull’estensione della vaccinazione a una vasta popolazione di bambini piccoli sulla base di trials effettuati su poche migliaia di minori in tutto il mondo (2.268 soggetti, di cui 700 hanno ricevuto placebo). Paul Offit, direttore del Centro Vaccini del Children’s Hospital di Philadelphia, ha affermato che è stato “molto stressante adottare decisioni di salute pubblica, che colpiscono milioni di bambini, sulla base di studi che coinvolgono solo poco più di un migliaio di partecipanti”. Altri si sono chiesti quanto il governo terrà traccia (e conto, ndr) degli effetti collaterali gravi.
“Sono preoccupato che, se diciamo sì, gli Stati federali imporranno la somministrazione di questo vaccino per andare a scuola, e su questo non sono d’accordo”, ha detto il dottor Cody Meissner, docente di Pediatria alla Tufts University School of Medicine. Ed è esattamente quello che accadrà in America e, chissà, forse anche in Europa (e in Italia) se l’Agenzia Europea per i Medicinali (Ema) si allineerà alla Fda. “Penso che sarebbe un errore in questo momento, fino a quando non abbiamo maggiori informazioni sulla sicurezza, e la verità è che adesso non le abbiamo”, ha aggiunto Meissner, sottolineando ciò che è da tempo riconosciuto in tutto il mondo, ossia che “questo vaccino molto probabilmente non riduce il rischio di contagio ma ‘soltanto’ il rischio di malattia”. Una malattia che, ripetiamo, non uccide i bambini come invece uccidevano – o colpivano gravemente – altre malattie oggi coperte da vaccinazione, come ad esempio il tetano, la poliomielite, la difterite.
James Hildreth, presidente del Meharry Medical College, ha riportato le stime dello stesso CDC, che indicano che il 42% dei bambini, a livello nazionale, ha gli anticorpi contro il Covid. “Mi sembra che in qualche modo stiamo vaccinando i bambini per proteggere gli adulti, mentre dovrebbe essere il contrario”, ha dichiarato Hildreth: “Se 30 milioni di bambini hanno già una qualche forma di immunità, hanno già dato il loro contributo all’immunità di gregge, e il nostro obiettivo dovrebbe invece essere quello di vaccinare gli adulti per proteggere i bambini”.
Questa immunità naturale riscontrata nei bambini, dovuta verosimilmente a infezioni asintomatiche, è stata “tradotta” da Fiona Havers, medico del Cdc presente alla riunione, come “mancata segnalazione”. Havers ha inoltre sostenuto che “i bambini hanno almeno la stessa probabilità degli adulti di essere infettati da SARS-CoV-2”, eventualità che finora era stata smentita da tutti gli studi e le metanalisi mondiali, che indicavano, almeno fino ai 10 anni, minor possibilità (la metà circa) di contrarre e trasmettere infezione da Sars Cov-2 nei luoghi di comunità come le scuole. Non solo: la stessa Havers ha rilevato che le ospedalizzazioni dei bambini dai 5 agli 11 anni per influenza negli anni 2017, 2018, 2019 e 2020 sono state comunque superiori a quelle per Covid, di durata più lunga, e hanno portato più decessi e terapie intensive rispetto a quelli registrati per Covid. L’esperta del Cdc ha poi tenuto a precisare che le ospedalizzazioni da Covid nella fascia 5-11 anni sono state tre volte più alte nelle minoranze di neri, ispanici e nativi americani rispetto ai bambini bianchi e asiatici: anche in questo caso è stata bacchettata da Hildreth, che si è lamentato del fatto che lo studio pediatrico di Pfizer abbia “casualmente” incluso pochi bambini appartenenti a questi gruppi di minoranza, che però sono quelli più a rischio di malattia da Covid-19.
Gli esperti dell’Advisory Committee, durante la loro analisi del rapporto rischi-benefici delle vaccinazioni nei bambini, hanno anche contestato ai ricercatori dell’Fda di aver utilizzato modelli previsionali troppo “prudenti” rispetto all’efficacia del vaccino, calcolata intorno al 70% con una durata di 6 mesi. Sulla base di queste ipotesi, le conclusioni sono state che i benefici della vaccinazione nel prevenire ricoveri e decessi di bambini superano, secondo i funzionari federali, i rischi di gravi effetti collaterali del vaccino. Ma il dottor Mark Sawyer, Professore di clinica pediatrica all’Università di San Diego, ha affermato di ritenere che il modello sovrastimi il numero di ricoveri di bambini per Covid. “Tuttavia – ha aggiunto – non avremo i dati finché non inizieremo a usare il vaccino sui bambini (“we are not going to get the data unless we start to use this vaccine”). Concetto ribadito anche da Eric Rubin, professore di Immunologia all’Università di Harvard, che ha platealmente dichiarato che “non potremo mai sapere quanto questi vaccini sono sicuri sui bambini finché non cominceremo a darli”. Capito?
Sulla scia del principio “prima la convenienza pratica, poi la sicurezza”, le direttrici di due organizzazioni infermieristiche nazionali hanno riferito al panel che i loro associati sono favorevoli alle vaccinazioni pediatriche perché sono “necessarie” per consentire ai bambini di poter riprendere la vita di prima, a cominciare dalla scuola. Kim Witczak, rappresentante dei consumatori nel comitato consultivo della Fda, ha però esortato alla cautela nel somministrare il vaccino ai 5-11enni, chiedendo al comitato consultivo di raccomandare almeno di non renderlo obbligatorio nelle scuole. “C’è davvero un’emergenza con questa fascia d’età? O la decisione è guidata da un’agenda politica più ampia?”, ha chiesto Witczak.