di Maddalena Loy
La riunione all’Fda americana durante la quale è stata approvata la somministrazione del vaccino antiCovid Pfizer ai bambini dai 5 agli 11 anni costituisce la testimonianza in presa diretta di come le decisioni sanitarie, perfino quelle che riguardano i minori, i nostri figli, siano state vincolate in questi mesi a criteri di opportunità politica ritenuti prevalenti rispetto al puro principio di “sicurezza” e “salute dei cittadini”.
I fatti sono questi: martedì scorso si è tenuta la tanto attesa riunione dell’Advisory Committee (di seguito, Ac o Comitato consultivo) della Fda (Food & Drug Administration, l’ente governativo americano che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici). La riunione è stata organizzata per decidere se autorizzare o meno l’estensione della somministrazione dei vaccini antiCovid della Pfizer – ormai monopolista – alla fascia di età 5-11 anni, e si è conclusa con 17 su 18 voti a favore (e 1 astensione), nonostante le numerose criticità esposte dagli esperti scelti da Fda, che nel weekend precedente il voto sono stati letteralmente sommersi da una campagna di mail-bombing affinché votassero contro.
Il quesito rivolto ai votanti era il seguente: “Sulla base di tutte le evidenze scientifiche disponibili, i benefici del vaccino Pfizer/BioNTech Covid 19, quando somministrato in 2 dosi da 10 microgrammi l’una, superano i suoi rischi per l’uso nei bambini di 5-11 anni di età?”. La domanda era prettamente sulla sicurezza del vaccino, insomma, ma gli esperti istituzionali (Fda e Cdc) alla fine si sono concentrati di più sull’uso del vaccino e sull’opportunità di somministrarlo per consentire ai minori di riprendere la vita di prima: ma non doveva essere uno scambio centrato sulla sicurezza? O forse i dati a disposizione sono talmente scarsi e controversi che sarebbe stato più opportuno non cedere alla pressione di dover autorizzare e somministrare, in anticipo sulla fine dei trial, questi vaccini indistintamente a tutti i bambini? Da notare che la stessa Pfizer, nel presentare lo scorso 20 settembre i risultati dei trial sui bambini dai 5 agli 11 anni, ha incluso tra gli effetti avversi miocarditi, pericarditi e linfoadenopatie, consigliando in questi casi di “chiamare il 911” (il 118 americano). Ma se questi vaccini causassero anche un solo caso di effetto avverso grave, sarebbe comunque un caso di troppo, visto che i bambini (la cui mortalità da Covid è pari allo zero virgola) non hanno bisogno di questo farmaco.
Nella riunione Fda, molto ha condizionato il monito lanciato dal presidente del comitato, l’epidemiologo Arnold Monto: “Se questo comitato negherà l’autorizzazione, dovrà essere consapevole che negherà l’uso del vaccino alle famiglie che hanno bambini vulnerabili”. Come opporre resistenza a tale considerazione? Forse sarebbe bastato verbalizzare la necessità, condizionante, di una somministrazione mirata. Non a caso Michael G. Kurilla, funzionario del National Institutes of Health, si è astenuto dal voto, sottolineando che il governo americano sta adottando un approccio “taglia unica” (“one-size-fits-all” approach).
L’Advisory Committee è un comitato consultivo di esperti esterni e senza conflitti di interessi, che essenzialmente risponde a quesiti posti da Fda. Di solito il quesito è: “Questo farmaco/trattamento può essere approvato?”. Fda non è tenuta a rispettarne le decisioni, ma di solito lo fa (tranne alla riunione del 17 settembre 2021, dedicata alle terze dosi: l’Advisory Committee aveva votato contro – 16 contrari vs 2 a favore – chiedendo anche in questo caso una somministrazione mirata soltanto alle persone a rischio, ma le istituzioni americane hanno ignorato il parere degli esperti e hanno aperto alle terze dosi per tutti, come sta avvenendo in Italia).
Dopo il via libera definitivo di Fda concesso venerdì 29 ottobre, la palla passerà la prossima settimana all’Advisory Committee dei Cdc (Centers for Disease Control, l’importante agenzia federale statunitense incaricata di tutelare la salute e la sicurezza pubblica), che si riunirà il 2 e 3 novembre. Infine, la direttrice dei Cdc, Rochelle Walensky, deciderà se accettare o modificare la raccomandazione del comitato. Le vaccinazioni dei bambini tra i 5 e gli 11 anni partiranno subito dopo: Anthony Fauci ha dichiarato che “i genitori potranno iniziare a vaccinare i loro bambini entro le prime due settimane di novembre” e il presidente americano Joe Biden ha annunciato che il governo federale si è già assicurato 28 milioni di dosi per inoculare i bambini al più presto. L’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) seguirà a ruota, e presto anche in Europa, e in Italia, sarà possibile vaccinare i bambini dai 5 agli 11 anni.
Questione chiusa? Mica tanto.
Numerose, infatti, sono state le critiche espresse da diversi esperti intervenuti alla riunione, al netto di un voto finale tuttavia favorevole, in contemporanea alle forti pressioni dall’amministrazione americana che insiste affinché il vaccino ai bambini parta il più velocemente possibile. Le stesse pressioni che hanno portato a fine agosto 2021 Marion Gruber, storica direttrice dell’Ufficio Vaccini dell’Fda, a dimettersi insieme con il suo vice in polemica con il governo federale che sollecitava parere favorevole su terze dosi e vaccinazioni pediatriche. Ogni mondo è Paese, insomma.
La riunione dell’Advisory Committee è durata 8 ore; hanno partecipato importanti epidemiologi, biostatistici, pediatri, immunologi e allergologi selezionati dall’Fda in tutto il Paese in base alle loro competenze. Molti esperti hanno innanzitutto espresso contrarietà rispetto alla “fretta” di Fda nel voler concedere l’autorizzazione al vaccino anti-Covid per i bambini, prodotto da Pfizer.
Perché gli esperti parlano di “fretta”? In effetti, nella segnalazione ufficiale sui trial su bambini e giovani adulti che Pfizer e BioNTech hanno trasmesso al Nih (National Institute of Health americano), conservata nel database clinicaltrials.gov, la data prevista per il completamento dei trial è quella del 18 giugno 2024. Ecco perché, fino al 2024, il farmaco è da considerarsi ancora sperimentale e quindi deve essere usato per solo uso emergenziale, come prevede ogni autorizzazione Eua (Emergency Use Authorization), coinvolgendo di solito soltanto i soggetti a rischio. Cosa che in realtà non accadrà: se Biden ha già pronte 28 milioni di dosi, è chiaro che la somministrazione verrà “offerta” a tutti i bambini americani (e poi a tutti i bambini europei ed italiani) e verosimilmente pretesa per poter esercitare (in Italia, attraverso obbligo di green pass) diritti intangibili, come ad esempio fare sport, andare a un museo e svolgere, insomma, tutte le attività che contribuiscono allo sviluppo psicofisico dei minori.
Tornando alla riunione Fda, molti esperti si sono dichiarati scettici sull’estensione della vaccinazione a una vasta popolazione di bambini piccoli sulla base di trials effettuati su poche migliaia di minori in tutto il mondo (2.268 soggetti, di cui 700 hanno ricevuto placebo). Paul Offit, direttore del Centro Vaccini del Children’s Hospital di Philadelphia, ha affermato che è stato “molto stressante adottare decisioni di salute pubblica, che colpiscono milioni di bambini, sulla base di studi che coinvolgono solo poco più di un migliaio di partecipanti”. Altri si sono chiesti quanto il governo terrà traccia (e conto, ndr) degli effetti collaterali gravi.
“Sono preoccupato che, se diciamo sì, gli Stati federali imporranno la somministrazione di questo vaccino per andare a scuola, e su questo non sono d’accordo”, ha detto il dottor Cody Meissner, docente di Pediatria alla Tufts University School of Medicine. Ed è esattamente quello che accadrà in America e, chissà, forse anche in Europa (e in Italia) se l’Agenzia Europea per i Medicinali (Ema) si allineerà alla Fda. “Penso che sarebbe un errore in questo momento, fino a quando non abbiamo maggiori informazioni sulla sicurezza, e la verità è che adesso non le abbiamo”, ha aggiunto Meissner, sottolineando ciò che è da tempo riconosciuto in tutto il mondo, ossia che “questo vaccino molto probabilmente non riduce il rischio di contagio ma ‘soltanto’ il rischio di malattia”. Una malattia che, ripetiamo, non uccide i bambini come invece uccidevano – o colpivano gravemente – altre malattie oggi coperte da vaccinazione, come ad esempio il tetano, la poliomielite, la difterite.
James Hildreth, presidente del Meharry Medical College, ha riportato le stime dello stesso CDC, che indicano che il 42% dei bambini, a livello nazionale, ha gli anticorpi contro il Covid. “Mi sembra che in qualche modo stiamo vaccinando i bambini per proteggere gli adulti, mentre dovrebbe essere il contrario”, ha dichiarato Hildreth: “Se 30 milioni di bambini hanno già una qualche forma di immunità, hanno già dato il loro contributo all’immunità di gregge, e il nostro obiettivo dovrebbe invece essere quello di vaccinare gli adulti per proteggere i bambini”.
Questa immunità naturale riscontrata nei bambini, dovuta verosimilmente a infezioni asintomatiche, è stata “tradotta” da Fiona Havers, medico del Cdc presente alla riunione, come “mancata segnalazione”. Havers ha inoltre sostenuto che “i bambini hanno almeno la stessa probabilità degli adulti di essere infettati da SARS-CoV-2”, eventualità che finora era stata smentita da tutti gli studi e le metanalisi mondiali, che indicavano, almeno fino ai 10 anni, minor possibilità (la metà circa) di contrarre e trasmettere infezione da Sars Cov-2 nei luoghi di comunità come le scuole. Non solo: la stessa Havers ha rilevato che le ospedalizzazioni dei bambini dai 5 agli 11 anni per influenza negli anni 2017, 2018, 2019 e 2020 sono state comunque superiori a quelle per Covid, di durata più lunga, e hanno portato più decessi e terapie intensive rispetto a quelli registrati per Covid. L’esperta del Cdc ha poi tenuto a precisare che le ospedalizzazioni da Covid nella fascia 5-11 anni sono state tre volte più alte nelle minoranze di neri, ispanici e nativi americani rispetto ai bambini bianchi e asiatici: anche in questo caso è stata bacchettata da Hildreth, che si è lamentato del fatto che lo studio pediatrico di Pfizer abbia “casualmente” incluso pochi bambini appartenenti a questi gruppi di minoranza, che però sono quelli più a rischio di malattia da Covid-19.
Gli esperti dell’Advisory Committee, durante la loro analisi del rapporto rischi-benefici delle vaccinazioni nei bambini, hanno anche contestato ai ricercatori dell’Fda di aver utilizzato modelli previsionali troppo “prudenti” rispetto all’efficacia del vaccino, calcolata intorno al 70% con una durata di 6 mesi. Sulla base di queste ipotesi, le conclusioni sono state che i benefici della vaccinazione nel prevenire ricoveri e decessi di bambini superano, secondo i funzionari federali, i rischi di gravi effetti collaterali del vaccino. Ma il dottor Mark Sawyer, Professore di clinica pediatrica all’Università di San Diego, ha affermato di ritenere che il modello sovrastimi il numero di ricoveri di bambini per Covid. “Tuttavia – ha aggiunto – non avremo i dati finché non inizieremo a usare il vaccino sui bambini (“we are not going to get the data unless we start to use this vaccine”). Concetto ribadito anche da Eric Rubin, professore di Immunologia all’Università di Harvard, che ha platealmente dichiarato che “non potremo mai sapere quanto questi vaccini sono sicuri sui bambini finché non cominceremo a darli”. Capito?
Sulla scia del principio “prima la convenienza pratica, poi la sicurezza”, le direttrici di due organizzazioni infermieristiche nazionali hanno riferito al panel che i loro associati sono favorevoli alle vaccinazioni pediatriche perché sono “necessarie” per consentire ai bambini di poter riprendere la vita di prima, a cominciare dalla scuola. Kim Witczak, rappresentante dei consumatori nel comitato consultivo della Fda, ha però esortato alla cautela nel somministrare il vaccino ai 5-11enni, chiedendo al comitato consultivo di raccomandare almeno di non renderlo obbligatorio nelle scuole. “C’è davvero un’emergenza con questa fascia d’età? O la decisione è guidata da un’agenda politica più ampia?”, ha chiesto Witczak.
Verso il termine della riunione, Fda ha presentato alcuni dati sulla sicurezza. Matthew Oster, cardiologo pediatrico e funzionario dei Cdc, ha riferito di 1.640 casi di miocardite segnalati in soggetti giovani sotto i 30 anni vaccinati con Pfizer o Moderna. Di questi,“solo” 877 sono stati ufficialmente riconosciuti dal CDC come casi di miocardite da vaccino, altri 637 sono ancora in fase di revisione. “Almeno 829 dei giovani in cui è stata riscontrata questa patologia cardiaca sono stati ricoverati in ospedale, ma la maggior parte di essi sono guariti e sono stati dimessi”. Diciannove – ha detto Oster – sono ancora ricoverati in ospedale e 5 sono in terapia intensiva. Oster ha ammesso che “i dati sui potenziali effetti a lungo termine sono limitati”, e qualsiasi pediatra sa che una infiammazione del muscolo cardiaco (in questo caso provocata da un vaccino), rischia di avere esiti importanti in un corpo in crescita. Senza contare che la miocardite potrebbe impedire a parecchi di questi giovani, sia pur dimessi e guariti, di poter fare attività sportiva agonistica in via temporanea o addirittura definitiva.
Oster ha spiegato che la miocardite colpisce di più i giovani di sesso maschile: la teoria è che sia legata ai livelli di testosterone e ormonali, il che potrebbe spiegare perché il rischio raggiunge i picchi nell’adolescenza e nella giovane età adulta. “Se questo schema regge”, ha detto Oster, “ci si aspetta un rischio inferiore nei bambini dai 5 agli 11 anni, anche dopo la vaccinazione”. Quindi, la candida conclusione è che i bambini della fascia di età 5-11 anni non dovrebbero essere colpiti da casi di miocardite… dato che lo sono già quelli più grandi, soprattutto nella fascia tra i 12 e i 17 anni.
A giustificazione della vaccinazione estesa a tutti i bambini, il Cdc ha ricordato infine le conseguenze psicologiche della privazione della scuola in presenza per i bambini. Al termine della riunione, e nonostante le tante osservazioni di carattere politico-sanitario ed etico, il comitato ha concesso il via libera. Un via libera che doveva essere puramente centrato sulla sicurezza (safety) e sulla salute e che invece è stato condizionato dalle politiche sanitarie: il che, in caso di dubbi e incertezze scientifiche, come in questo caso, fa la differenza.
Il dosaggio per i bambini sarà meno elevato, 10 microgrammi anziché 20 o 30 (come se il vaccino fosse un medicinale da somministrare un tanto al chilo, ndr), ha annunciato Leslie Ball, funzionario Fda. Nicholas Warne, vicepresidente dell’azienda per la ricerca e lo sviluppo farmaceutico, ha dichiarato al comitato consultivo che i vaccini saranno – wow! – confezionati con tappi, etichette e scatole arancioni per distinguersi dalla confezione viola utilizzata sulle dosi di Pfizer per chiunque abbia 12+ anni, ed evitare sovradosaggi accidentali sui bambini.
Maddalena Loy, 1 novembre 2021