Il ribaltamento del senso delle cose passa per il ribaltamento dell’informazione che spiega le cose: non più, se mai la è stata, opera di rivelazione o narrazione del reale ma camuffamento, confusione del reale, equivoco del reale indotto dal voyeurismo delle chat private, delle circostanze private. Nei rapporti amorosi si chiama revenge porn, in quelli di potere nuova informazione, così nuova che torna sempre al fumus persecutionis latino, allo spiffero medievale, al ballatoio, virtuale ma ballatoio. Escono, addirittura in un libro, composto da uno del Fatto Quotidiano, edito dalla casa del Fatto Quotidiano, le chat del gruppo meloniano attualmente al potere, all’epoca non ancora al potere: ma è lecita questa roba?
Andiamo a vedere: nel 2017 un decreto legislativo ha introdotto nel codice penale una nuova fattispecie per «diffusione di riprese e registrazioni di comunicazioni fraudolente». In particolare viene stabilito che pubblicare o diffondere conversazioni, incontri privati, registrazioni telefoniche o telematiche costituisce reato e viene punito fino a 4 anni di carcere, a condizione che il fine di chi agisce sia quello di recare danno all’altrui reputazione o immagine. Se ne deduce che il reato non sussiste quando la pubblicazione non costituisca una diffamazione o comunque un danno per la vittima. Ottimo: la diffamazione non c’è se non c’è diffamazione. Sembra Paolo Panelli, “il bricolage è il bricolage”, o anche “si fa presto a dire sputtanamento!”.
Non c’è diffamazione? No, la fazione politico-giornalistica di turno la sublima, a suo comodo, non quando la riguarda, in diritto di sapere, dovere di cronaca; ma è questione di interpretazioni. Comunque nessuno si sognerebbe di bloccare un libro scandalistico che tira l’acqua al mulino grillino, del gagà foggiano Conte che cerca disperatamente di restare vivo azzannando la Giorgia formato esportazione. Ma è davvero questa l’informazione? A questo si è ridotta? Sì, a questo. A un simile rimestare nel sacrosanto diritto privato di parlarsi, di sfogarsi anche fuori dai denti, anche in modo sbracato, cioè la normalità dell’umano che diventa scandalo, diventa scalpore: ah, vedete la volgarità di questi sempre un po’ fascisti, sempre con l’aglio sull’anima. Invece le chat antifà di Giannini.
Comunque siamo nel principio degli anni Venti, o se preferite del Ventennio, e en privè svolazzano apprezzamenti su Saviano il quale ci si butta di capa ovviamente, lui vive di queste boutade. Definito dal Fatto Quotidiano “giornalista anticamorra”, che fa già ridere così, parte immediatamente, come un missile di Musk dalla testa ogivale, col solito berciare vittimista da uno graziato dalla stessa che aveva definito bastarda e stragista, insinuando pubblicamente, in un sermone televisivo, che gli annegamenti dei bambini rapiti dagli scafisti fossero responsabilità sua e di Salvini. Ma da Saviano il grottesco è il minimo, quello che sconcerta è la spregiudicatezza con cui si rovescia l’etica: si debbono vergognare quelli che si parlano per fatti loro, non chi rimesta nelle loro parole per chiaro intento strumentale. Sulla Meloni che commenta, domani gli scarico addosso una palata di letame, si potrebbe chiosare: non vedo errori, vedo un abuso. O come minimo una scorrettezza. Non si può detestare il chiacchierone partenopeo? Meloni non ha detto, come suggeriscono, che Saviano è letame ma che vorrebbe seppellircelo, e allora? Non si può? Eppure il “coprire di merda” è la proverbiale attitudine di tutti i giornalisti, quasi una missione, compreso il piemontese direttore del Fatto, e mi dispiace di non aver conservato tante mail di 25 anni fa, quando voleva “coprirne di merda” almeno uno al giorno. Lui come chiunque di noi.
Lo scandalo dove sarebbe? Ma uno scandalo c’è e sta nella degenerazione di una informazione che sembra non saper fare a meno delle intercettazioni, delle carte passate dai magistrati, delle chat dai sacrosanti cazzi propri, come se, in assenza di pettegolezzo, non si trovasse più niente da scrivere, nel “silenzio della lingua” di cui parla Urlich Beck. La faida che spara nei coglioni e lo fa, non prendiamoci in giro, per spirito di appartenenza ossia per danneggiare la fazione avversa. Di fronte a operazioni di questo genere la destra di regime è ancora scoperta, non sa reagire, si chiude o reagisce in modo patetico o triviale ma scopre il fianco: le manca ancora la spietatezza, la durezza del potere, resta a prendere schiaffi da tutte le parti, interdetta, ammutolita. Impareranno o periranno, sta di fatto che il guardonismo moralistico del giornalismo attuale è peggio che patetico, è insopportabile, è pura rappresaglia.
Quanto a Saviano, la cosa veramente sconcia è che un tale mestierante usi anche la merda privata, la usi per far soldi. Fingendo di non capire la differenza tra una chat privata e un proclama televisivo, fra il disprezzo personale per un provocatore che istituzionalmente vale zero e l’insulto pubblico, plateale a un presidente dei Consiglio. Che alla fine lo grazia, si accontenta di una multa simbolica di mille euro. Io da capo del governo e dei servizi lo avrei annientato, cominciando dallo scoperchiare i suoi colloqui privati, ma non limitandomi a quelli, nella distruzione progressiva di un moscerino. E comunque dovrebbero vedere le mie di chat su di lui. Roba che al confronto la Meloni è santa Teresa di Lisieux (e me ne vanto, è un dovere morale, una esigenza di coscienza).
Max Del Papa, 11 febbraio 2025
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