Fedez, Ferragni, Tony: ci avete sfracellato il dissing

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Tony effe, Fedez, Chiara Ferragni

Ancora la trista società dei Ferragnez, ancora il ragionar del nulla? Ma sì, per accettare, una volta per tutte, il livello di sprofondo della società liquida o liquame, anche per stabilire il livello di una informazione ormai senza senso e senza freno. I Ferragnez agendo, piaccia o non piaccia, come termometro sociologico, ciascuno poi scelga dove infilarlo. Testate un tempo organi della borghesia mercadora e progressista che bruciano pagine nell’esegesi dell’ultima composizione dell’ex nerd di Buccinasco, il fu ragazzo obeso che lo facevano tornare a casa senza scarpe, umiliazione somma per i nati male della cintura milanese.

Oggi questi fogli della classe sempre meno produttiva, hanno altre priorità: “Di cosa parla il testo di «Allucinazione collettiva», la nuova canzone di Fedez: il rapper l’ha pubblicata nella notte, per Chiara Ferragni è «priva di sincerità». Niente attacchi a Tony Effe (forse si può sperare almeno nella fine del loro dissing?): la nuova canzone di Fedez pubblicata nella notte, «Allucinazione collettiva», si rivolge interamente alla ex moglie Chiara Ferragni, mettendo in piazza la loro crisi matrimoniale e auspicando tuttavia un lieto fine”.

Sapete che tra le debolezze di chi scrive c’è quella di certo approccio didattico, ossia illustrare ai lettori come leggere un intervento che trovano squadernato su un giornale. Già la citazione del composto fedezziano, ripetuta due volte in una riga, è sintomatica del finto giornalismo dei nostri tempi, l’informazione che si limita a mettere in pagina i comunicati degli uffici stampa, purtroppo firmandoli. Il settanta, ottanta per cento dei giornali è, senza eccezioni, un ricettacolo di redazionali, di réclame mascherate, la pubblicità, che è il mercato delle truffe e dei miraggi, è la vera padrona dell’informazione almeno da trentacinque anni e il suo stile, il suo frasario, per quanto perfezionato nel tempo, resta inconfondibile almeno agli orecchi di uno che sta nel sistema da troppo tempo.

Volete un’altra conferma? “Toni molto diversi, dunque, rispetto a quelli al vetriolo degli ultimi giorni, ma era stata proprio Ferragni ieri sui social ad anticipare la mossa, invitando implicitamente a non fidarsi delle parole del rapper, definendo il brano ‘una finta canzone romantica priva di sincerità, un palese tentativo di sfruttare il momento, un atto violento considerando che sono stati dieci mesi molto difficili’. Nel testo, in effetti, Fedez riavvolge il nastro e parla alla ex moglie, tirando in ballo anche un tentativo di togliersi la vita: ‘Dì al tuo avvocato che mi ha contestato un tentato suicidio / Che chiedo scusa che chiedo venia per procurato fastidio / Ho preso le gocce e no pezzi di vetro perché sapevo che non volevi che si sporcasse il tappeto'”.

Non suona come un elaborato uscito dagli uffici stampa della Ferragnez inc., da qualcuna delle loro società cinesi? Parlando con un amico commercialista, mi spiegava che lei, Chiara, la bocconiana irrisolta, ha fatto creare a questi draghi dell’immaginazione contabile un castello inespugnabile, tutto formalmente in regola, tutto legalmente impeccabile, ma pur di incassare eludendo. Secondo regola aurea della finanza totale: attribuirsi i ricavi, vantandosene il giusto, e scaricare i fallimenti sugli schiavi e sullo Stato rapace, dal quale però mungere le duecentomila euro a titolo di rimborsi da pandemia. Capolavori di malizia e di inganno perfettamente leciti, anche se gli utili vanno crollando e Chiara medita di ritirarsi in qualche meritato ed emirato oblio.

Ma proseguiamo con l’informazione puntuta: “A questo quadro in cui contrappone il suo dolore al cinismo di moglie e avvocati seguono versi in cui torna sugli screzi avvenuti a Sanremo (già ampiamente esplorati anche nella serie «The Ferragnez») – ‘ricordi Sanremo si è tinta di nero per una vicenda di cronaca rosa / Tu che mi butti fuori di casa e io che butto il blister del prozac’ – e poi altri in cui, anche qui cosa non nuova, definisce gli amici di Chiara Ferragni ‘yes man’ e ‘parassiti’, sottolineando: ‘Io odiavo loro, ma amavo te’.”. Vedete? Le citazioni precise, inesorabili delle intraprese comuni, le serie televisive, le ospitate festivaliere. Il meglio il Corriere della borghesia sparita, lo dà nell’esegesi, neanche si trovasse davanti la Commedia dantesca o gli arzigogoli dadaisti o quelli profondamente snobistici e antidemocratici da Gruppo ‘63: “Poi, prima del ritornello, Fedez sembra auspicare una riconciliazione: ‘Ed io mi chiedo ancora se c’è un lieto fine a una favola infelice e storta / Se fossi stato un altro me / Tu un’altra te / Forse sarebbe tutta un’altra storia’. Nella seconda strofa Fedez accenna anche ai suoi problemi di salute: ‘Scappo dai problemi agli occhi degli altri, sembra che penso solo a divertirmi / Sento un corpo che sanguina forse è a un passo dagli inferi’, prima di tornare a rivolgersi a Ferragni: ‘Eppure lo so che mi hai donato le cose più belle che ho / Con te ho vissuto cose che io non rivivrò mai più… Sbagli se pensi che non ho mai amato / Per te avrei ucciso ma tu mi hai fermato / I buchi allo stomaco che mi son fatto / Per tutto lo schifo che ho accumulato / La gente festeggia sulla tua carcassa, mi chiedo alla fine che cosa hanno vinto / Tu sei la distrazione di massa più bella che io abbia mai visto’. Un quadro vittimistico, insomma, in cui Fedez sembra sperare in un ripensamento sul divorzio. Ferragni però ieri è stata netta, chiedendo di non essere ‘trascinata in situazioni che non mi appartengono né oggi, né mai più’. Quel che è certo è che ora Fedez ha messo nuovamente la loro separazione sotto i riflettori”.

Nella seconda strofa, nel ritornello… E questo merita le paginate sui giornali mainstream, oltretutto identiche perché l’industria della comunicazione neanche si dà la pena di personalizzare, stesso comunicato per tutti? Certo si prova un brivido di sgomento se ai più vecchi torna in mente l’auspicio di Enzo Biagi che nel lontano 1986 poteva dire ad Agnelli, padrone del Corriere: “Io mi auguro che questo giornale diventi sempre meno istituzione e sempre più giornale”. Quaranta anni dopo, non solo il Corriere è diventato né l’uno né l’altro, se mai sono tutti la versione cartacea di un programma gossipparo. Tamponi, termometri questi Ferragnez che inducono la disperazione dello squallore, tra liriche da galera o da suicidio ed epifanie sconclusionate, di un’etica estetica miserabile, di un’epica da Omero alcolizzato.

E lo diciamo con comprensione, sperando sia davvero tutta una marchetta obbligata dalle circostanze. Perché se invece le Gazzette dei Ferragnez fanno sul serio, se si prendono da sole la briga dell’esegesi allee filastrocche di uno che fa rimare la casa col blister del prozac, allora siamo al punto di non ritorno. Non è per moralismo, non per essere “rosikoni” come dicono i vorrei ma non posso per vocazione, ma tocca da ultimo registrare che gente di questo livello, ragazzi la cui inconsistenza è leggendaria, sono arrivati in giovanissima età ai pacchi di milioni, all’attico da 800 metriquadri nella zona di Milano dove un appartamento costa come a Dubai. Come è stato possibile? Semplicemente considerando l’inganno supremo della glorificazione del lusso che si giustifica di per sé e si moltiplica di per sé. Non conta cosa uno sappia o non sappia fare o sia in grado di fare anche nell’orrore, conta che arrivi a mettere insieme, in qualsiasi modo, una certa somma destinata a crescere come gli zecchini del Gatto e la Volpe nel Campo dei Miracoli.

I Ferragnez sono il gatto e la volpe dei nostri tempi e l’informazione rappresentativa della borghesia capitalista, decaduta in truffaldina, celebra a tutto spiano. E siccome tutto fa brodo, non si nega neppure gli acta diurna tra questi bimbiminkia chiamati rapper, “Fedez contro Tony Effe”, ma chi sarebbe adesso quest’altro, chi sarebbero questi che scambiano accuse di corna con inviti a risolvere la faccenda dietro al convento delle carmelitane scalze, ciascuno coi suoi malviventi da curva in ruolo di padrini? Roba di uno squallore abissale, che conviene chiamare “dissing”, termine odioso, per dire, se abbiamo capito bene, litigio, sputtanamento. Sarebbe la rissa tra rapper, ennesima trovata pubblicitaria tra illusionisti che prima fanno sodalizio, poi si provocano, poi tornano a far comunella.

L’informazione bulimica ha bisogno di sempre nuovi termini per coprire gli eterni inganni. Ma forse dissing sta per pissing, pisciarsi addosso di tutto nel delirio orgasmico dei vorrei ma non posso, sempre meno se Dio vuole.

Max Del Papa, 21 settembre 2024

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