Femministe in piazza, la carica delle esaltate

La manifestazione sotto la sede di Libero tra slogan e retorica: “Titolisti razzisti e sessisti”

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sit in Libero

Non si riesce a capire l’isteria dopo l’omicidio della giovane Giulia Cecchettin. Lo strazio sì, la rabbia sì, l’isteria no atteso che di orrori come il suo la cronaca scoppia e l’ultimo rimuove il precedente. Mesi fa il massacro di una pensionata sessantenne, Iris Setti, ad opera di un balordo nigeriano del quale la giudice competente pareva addirittura affascinata (“un fisico scultoreo, una meraviglia, doveva fare il pugile”) era durato lo spazio di un mattino; certo non aveva potuto scatenare la pandemenza propagandistica a base di patriarcato, genere maschile da sopprimere in blocco, contestuale solidarietà ad Hamas (sic!).

Certo la povera Iris come centinaia altre prima e dopo di lei non avevano scatenato un corteo di femministe, ossia di disagiate, sotto le finestre di Libero a suon di schiamazzi di fascismo e di roghi per il giornale: del tutto in tono con i deliri, nemmeno quelli innocenti, della sorella di Giulia, una che ha capito subito come muoversi. Ora, l’immagine di un drappello di esaltate che latrano slogan fuori dalla logica sotto a una redazione, di per sé può far sorridere. Ma si ride meno considerando che la scenetta è sintomatica di una pazzia più estesa, che non accenna a ridimensionarsi. I minuti di silenzio, la colata lavica di retorica, ieri il ministro all’Istruzione, Giuseppe Valditara, che da Vespa ancora ribadiva l’assurdità della vergogna ontologica dell’essere maschi: lo sa o non lo sa che tanti serve o almeno punta a indebolire il governo di cui fa parte? Lo capisce o non lo capisce che non c’è ombra di consistenza nel populismo sessista cavalcato da una sinistra disperata?

Femministe contro Libero e per Hamas: fa ridere o fa spavento? No, non si capisce la divinizzazione, sinistra, sciacallesca, di una ragazza, vittima di un tarato, brava, semplice, diversa dagli standard attuali fin che si vuole, improntati ad esibizionismo influencer, ma vittima fra altre vittime. E invece i funerali con regia televisiva, la laurea post morte, gli scioperi del fine settimana, i silenzi recitati, i maxischermi, le fiaccolate da Vicenza a Capo Passero, la logorrea della bassa intellighenzia, le Valerio e le Lucarelli, la licenza di demenza, l’odio verso il maschio bianco che poi sarebbe verso l’occidente del benessere, la comprensione omertosa verso il maschio più scuro, 5 femminicidi di matrice immigrata nelle ultime ore, altrettanti sventati per miracolo, ma le femministe non se ne curano. Le femministe sbraitare sotto il giornale Libero.

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E già Filippo Turetta, come in un romanzo di Maigret, calibra la sua strategia mediatica e avvocatizia, già mette le mani avanti e fa sapere del suo sciopero della fame, dei suoi tormenti suicidi non portati a termine. Più facile scansare una ragazza che non ti vuole più. Come finirà? Nel solito modo: operazione subculturale per salvare tutti, la vittima insieme al carnefice in un laido abbraccio ideologico, ossia pubblicitario. “Filippo”, come già confidenzialmente identificato dai media, vittima egli stesso, dei suoi demoni, del suo orsacchiotto notturno, lui che comincia ad alzare la voce, la famiglia – vedrete, vedrete – che passa dalla mortificazione alla rivendicazione. E siccome la colpa è di tutti, del genere maschio in sé, come ripetono imbecilli della politica, dell’opinionismo a cliché, dell’avanspettacolo, si andrà incontro all’esorcismo annunciato. Perché alla società dissociata ripugna tracciare i confini di una responsabilità personale, perché l’autodafè dilatato equivale a una comodissima assoluzione generale, perché nessuno, né le femministe di lotta né il governo di ricotta, ha interesse a interrogarsi quanto a un lassismo sociale che nel tempo ha travolto tutto, scuola, istituzioni, famiglie, ambiti lavorativi.

Fermo restando che il male esiste e non bastano e non servono tonnellate di decreti legge a scongiurarlo. Norme che puntualmente la magistratura disinnesca. Tutti furbetti, tutti figli di qualcuno. E tutti vittime, senza distinguere. Lasciatele sfogare, le mandrie muggenti sotto i giornali: domani, assorbito “Filippo”, troveranno un altro pretesto per fingere di stare al mondo.

Max Del Papa, 24 novembre 2023

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