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Femministe, lasciate in pace gli alpini e guardatevi un porno

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Mi è capitato di imbattermi nel web in un film il cui titolo permettetemi di non citare perché non vorrei incoraggiare eventuali onanismi. Allora perché l’ho guardato io? Perché fuorviato dal titolo. Comunque, a parte qualche scena hard, non è un film porno ma sul porno. Film svedese sottotitolato del 2021. Narra di una giovane svedese che sogna, contenta lei, di fare la pornostar. Poiché fin dagli anni Sessanta la Svezia è stata celebre per la disinvoltura delle sue donne, magari si sarà detta: perché divertirsi gratis, visto che c’è un mercato apposito? Così, si trasferisce a Los Angeles, notoria patria di ogni tipo di bengodi, e si immette nel giro. Negli studios le chiedono preventivamente tutto, le fanno firmare di tutto, la filmano mentre firma e accetta tutto quel che le viene chiesto, lavaggi vaginali disinfettanti compresi. Le chiedono anche che cosa sia disposta a fare, e lei risponde: la qualunque. Filmata anche in questo, perché gli americani, si sa, vanno con l’avvocato anche dal medico. Alé, si va a incominciare.

Nuda in mezzo a energumeni, fa il quarto di manzo così come le viene richiesto e va ad abitare in un appartamento con altre «attrici». Ma dopo un po’ vuole salire di grado. Non le basta più fare la porno, intende diventare porno-star, anzi, la mejo di tutte. Così, passa al bondage: legata come un salame e appesa, viene sbatacchiata in lungo e in largo da stalloni tatuati mentre la troupe le fa il carosello intorno: macchina da presa, zoom in ogni sfintere, truccatrici, regista, suggeritori e quant’altro. Bene, brava, è finito, slegatela. Vuoi un bicchiere d’acqua per riprenderti? Sì. grazie. Ma la svedese vuol proprio ascendere all’olimpo del genere, perciò riesce a procurarsi un provino nello stile «estremo». E si ritrova in un set in cui tre masnadieri la picchiano, le sputano in faccia, la insultano in ogni maniera conosciuta, la schiaffeggiano sulle natiche, la strangolano mezza, sempre coprendola di sputi mentre la montano in tutte le salse. A metà percorso, però, lei non ce la fa più e grida che vuole smettere. Okay, stop, fermi tutti. Vuoi andare? Vai. Ma non vedi un soldo perché i patti non erano questi. Nell’ultima scena che ho visto, prima di chiudere con la visione, c’è lei, in lacrime, che guida verso casa, ma a un certo punto deve fermarsi a vomitare.

Ah, dimenticavo la scena in cui lei, un guinzaglio da cani al collo, lecca le scarpe al macho. E quella in cui telefona affranta alla madre in Svezia: quest’ultima, usa a non influenzare le scelte esistenziali dei figli (swedish style), non fa una piega.

Ora, dopo aver guardato ‘sta roba, mi sono chiesto: ma le femministe l’hanno mai visto un video porno? È vero che l’industria in questione è una della più fiorenti al mondo e macina miliardi di dollari come neanche Amazon durante la pandemia, ma gli strilli del #MeToo o delle pasionarie nostrane per i complimenti pesanti di qualche alpino li avete uditi a proposito di un settore global in cui le donne sono trattate come avete letto?

Sì, è vero, ci sono quelle che, come la svedese del film, lo fanno volontariamente e non per fame. Ma risulta che Catherine Deneuve sia stata subissata per aver detto che anche certe avances non proprio signorili a molte donne fanno piacere. No, come in tutta la sfera del politicamente corretto e di quanto è nato dal Sessantotto (femminismo, ecologismo, animalismo, woke e il resto mettetecelo voi) c’è qualcosa di schizofrenico in tutto questo. Ma chiedere che almeno se ne rendano conto è pretendere troppo…

Rino Cammilleri, 5 giugno 2022