È un eroe di Nassiriya. Ma lo Stato rivuole indietro i soldi. Quelli che gli ha versato in quanto eroe. Vittima dell’attentato islamista che, il 12 novembre 2003, colpì la base italiana nella città irachena, uccidendo 12 carabinieri e ferendo, nel corpo e nella mente, anche Riccardo Saccotelli.
A settembre, però, il reduce si è visto recapitare un atto dell’Agenzia delle entrate: “Comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria”. Il fisco rivuole le somme che gli sono state versate a titolo di “equo indennizzo”, in relazione al riconoscimento della causa di servizio per le lesioni riportate a Nassiriya. In pratica, lo Stato ha ipotecato la casa di Saccottelli, per assicurarsi di riavere indietro il denaro che gli era stato corrisposto in virtù di una legge.
Questo paradosso ha mandato su tutte le furie Luca Marco Comellini, segretario di una associazione che tutela gli interessi dei militari. Si dice “disgustato”. E invoca un intervento del presidente della Repubblica. Ci vorrebbe anche quello di uno psichiatra, che si accerti della salute mentale del nostro Leviatano fiscale.
Un paradosso: un servitore del Paese va in missione all’estero, vede i commilitoni sterminati, subisce delle ferite di guerra, ottiene un risarcimento e poi lo stesso Stato che glielo ha concesso gli fa notificare una cartella, per recuperare la somma. Un giudice dovrà pronunciarsi, ma il solo fatto che sia accaduta una cosa del genere vi mostra in che razza di incubo kafkiano vive il contribuente italiano. Finché c’è una goccia di sangue da spremere, i vampiri provano a risucchiarla.
Franco Lodige, 12 novembre 2023
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