Politiche green

Fermi tutti: il Domani scopre che l’auto green costa troppo

© VAKSMANV e Hrecheniuk Oleksii tramite Canva.com

Domani è un altro giorno, anzi un altro momento. Sono tempi di riconversione e i prodi alfieri del giornalismo libero, ma libero veramente, come la Radio di Finardi purtroppo letti da pochi, e ce ne rammarichiamo, fanno autocritica un po’ andante, un po’ al modo della gloriosa unione sovietica: dove avete sbagliato, compagni? Si parla di auto e si parla di distruzione del comparto, conosciuto chissà poi perché con il nome di “automotive”. Ma chette voi motivà, qui c’è solo il suicidio di massa, organizzato dalla demenziale Ue per spingere l’auto elettrica al prezzo, perfettamente messo in conto, della distruzione non creativa.

Conosciuto anche dai giornali progressisti e unionisti che dopo anni di propaganda zdanoviana e forsennata improvvisamente si torcono in penose autoriconversioni. Auto non nel senso di automobile ma di riflessivo, tipo il bistrò di Lino Banfi, “che non è il bar francese ma due volte stronzo: arrivederci”. Nel pezzo del Domani, uscito ieri, si apprende di alcune veramente ma veramente clamorose scoperte, desunte da un rapporto sulla mobilità degli italiani a cura dell’istituto di ricerca delle Ferrovie dello Stato (che ovviamente invitano a preferire i mezzi pubblici, i treni, fatti salvi gli accidenti, gli svenimenti, gli eterni turbamenti e gli scioperi a singhiozzo, a sincope, a scacchiera, a salto del canguro, a saltimbanco del sior Landini che vuol far carriera).

Scoperte scioccanti, tipo che la macchina serve ai poveracci, alla plebe più che alle élite, però non possono più permettersela: e perché, come mai? Da che dipende? Ancora, che la produzione di serie delle utilitarie, che però oggi non si chiamano più così perché è discriminatorio, si chiamano smart car, utility car: utility un par de palle!, esploderebbe il memorabile Riccardo Garrone di Vacanze di Natale, perché queste macchinette, “moderne, papà: moderne”, moderne ‘n par de palle, vanno in perdita a causa degli insostenibili standard imposti dall’Unione Europea di cui sopra; e questo malgrado le macchine siano oggi assai più “pulite”, meno inquinanti, meno impattanti, ditela come woke vi pare, per cui tutta la sega sull’auto elettrica che salverà il mondo, come la Bellezza di Dostoevskji, non ha, come non aveva, ragion d’essere.

Questo però quelli del Domani lo avrebbero scoperto dopodomani. In soldini, i cari inferiori di fantozziana memoria sono più vincolati alla macchina più dei megadirettori: ma chi l’avrebbe detto, ohibò; ne consegue che il trasporto pubblico alla fine è più appannaggio dei ricchi (però andrebbe meglio precisato: il trasporto pubblico umano, quello delle business e top class, dove si viaggia come Dio e non Landini comanda; oppure quello dello snobismo narcisistico delle rockstar che vanno in metrò dove tutti li vedono, si esaltano e pensano: com’è umano, lui (vanno all’aeroporto dove li aspetta il jet privato).

Alle corte: siamo alla sconfessione del conformismo greenwoke sacrificato sull’altare del realismo utilitaristico, insomma si sono svegliati. Con un secolo di ritardo ma si sono svegliati. Santo cielo, i ragazzi ce l’hanno fatta! Siamo sempre al contrordine, compagni!, ma oggi suona meglio il “ve lo dicevamo, noi”. Come no. Ce lo dicevano, solo che era tutto il contrario e qui sta il dramma dell’informazione degenerata in comunicazione che sarebbe pubblicità che è il contrario dell’informazione, è la menzogna. E neanche più per vendere un prodotto, ma direttamente ideologia. L’informazione oggi equivale a spaccio di ideologia. Finché la realtà degli uomini non si ribella, perché gli uomini sono natura e la natura seppellisce gli uomini con le loro cazzate e dura.

Gira il mondo gira e prima o dopo tutti si rimettono nel giusto senso di marcia, tutti quelli che la facevano sporca: dai boss dei social come Zuckerberg, ai giornali ottimisti, progressisti e di sinistra come la signorina di Lucio Dalla. I quali tutti, se avessero fatto un po’ meno propaganda per un paio di decadi, accusando i poveri cani come noialtri di essere disfattisti, borghesi, qualunquisti, fascisti!, come il travesta di Alberto Lionello, a quest’ora forse ci saremmo risparmiati il crollo della “automotive” in Europa, decine di migliaia di morti sul lavoro, nel senso di fatti fuori, licenziati, cacciati perché l’auto elettrica costava troppo a farla, costa troppo a mantenerla, costa troppo a ricaricarla, e ti esplode sotto al culo.

Ci voleva molto a capirlo, a dirlo? Evidentemente sì. Un po’ (tanto) come i vaccini, come i fact checker, come la mitologica transizione green sulla quale Franco Battaglia tutti i giorni guerreggia impavido su questa testata con dovizia di riscontri, confronti, dati cifre fonti. Ma i dati cifre fonti, ossia la scienza, si ascolta, se ne fa dogma e feticcio solo quando conviene. Ci avevano detto che il futuro era la navicella elettrica da terra, per 20 anni: dalla sera alla mattina abbiamo scoperto che era un altro momento. Un altro Domani. E la morale è impareggiabile, come l’Adelina di Paolo in Amici Miei: “Per concludere, produrre auto non inquinanti a basso costo non è solo tecnicamente possibile, ma è indispensabile per rilanciare la domanda di un settore in crisi, ed essenziale per l’ambiente. Ed è necessario anche per la mobilità delle categorie espulse per ragioni di reddito dalle aree urbane centrali”.

Ma questi non sono gli stessi che predicavano la scomparsa dell’automobile? Così, come gente che passava di qua, degli alieni che hanno scoperto solo oggi il pianeta terra. Paradigmatico dell’informazione che gira oggi. Per concludere va beh, andiamo avanti così, facciamoci del male.

Max Del Papa, 11 gennaio 2025

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