Ci sono tre nude e crude verità sul caso Prodi. Primo: il pacato professore ha perso la brocca, e può succedere. Secondo: invece di chiedere scusa, s’è arrampicato sugli specchi e alla sua età non è mai una buona idea, infatti ha rimediato una figura barbina. Terzo: salvo pochi lodevoli casi, gran parte dei giornalisti – tutti attenti ogni 8 marzo a difendere le donne e a denunciare atteggiamenti patriarcali e maschilisti – sono rimasti in imbarazzante silenzio di fronte all’evidente maleducazione di un politico nei confronti di una giornalista. Proprio loro che, di solito, frignano ogni qual volta un esponente politico osa contestare le loro domande o reagisce con poco garbo. Libertà di stampa. Rispetto per i cronisti. L’importanza di informare. Il diritto di essere informati. E fregnacce simili.
Se l’uscita di Massimo Giannini possiamo solo inserirla nella categoria dello schifo (e Max del Papa, qui, ci spiega bene perché), oggi è arrivato il momento di stampare un enorme “toc toc” sulla testa dei colleghi che si sono barricati nel silenzio o addirittura si sono schierati con Prodi e contro una giornalista. Alla faccia della solidarietà di categoria.
E guardate, non staremo neppure a nominarli uno per uno. Sarebbe dar loro troppo peso. Prendiamo però l’Ordine dei Giornalisti che, a quasi tre giorni dai fatti, ancora se ne resta in colpevole silenzio senza aver diramato neppure una minuscola nota. Zero di zero. A dimostrazione, se ce ne fosse il bisogno, che il punto non è mai difendere “i giornalisti” ma solo quelli di una certa parrocchia. Due pesi e due misure.
Ne volete la prova? Siamo andati a ripescare un altro famoso scontro tra una giornalista e un politico. Non parliamo dei tempi di Ventotene, ma dell’aprile del 2020 quando Giuseppe Conte, allora premier del governo giallorosso andò a Bergamo durante la crisi del Covid. Una giornalista, Francesca Nava, ne contestò le misure epidemiologiche e Giuseppi rispose un poco piccato “se lei un domani avrà la responsabilità di governo, scriverà lei i decreti e assumerà lei le decisioni”. Guardate qui sotto il video. Secondo voi, Conte risponde più o meno maleducatamente di Romano Prodi?
Il filmato parla chiaro. Conte sarà stato anche un tantino irritato, e ha sbagliato, ma tutto sommato non ha dato implicitamente della scema alla cronista né l’ha sfiorata né l’ha accusata di “fare politica” in malo modo. Tutti comportamenti che invece il pacato Prodi ha riservato a Lavinia Orefici.
“Caro presidente Conte, i giornalisti fanno domande, non scrivono decreti e lei dovrebbe imparare a rispondere nel merito. Senza fare battute”, disse allora Francesca Nava. Neppure il tempo di far tramontare due volte il sole, l’Ordine dei Giornalisti subito stigmatizzò il nervosismo dell’ex premier che aveva risposto “in maniera scomposta e non consona al ruolo di rappresentante delle istituzioni”. Immediata la solidarietà alla collega: “Un modo inadeguato di tenere una conferenza stampa che mette a repentaglio il principio irrinunciabile del dovere di informare e il diritto di essere informati. I giornalisti hanno il compito di fare domande, anche quelle che possono risultare scomode per i governanti di turno. Che spesso si schierano in favore della libertà di stampa solo se le inchieste riguardano gli avversari di partito. La politica, in modo assolutamente trasversale, sogna una stampa asservita, per puntare sulla disintermediazione critica”.
Toc toc, Ordine dei Giornalisti. Perché nel caso di Prodi nessuno parla di “risposta scomposta”, di cronisti che “hanno il compito di fare domande”, incluse quelle scomode? Perché nessuno fa notare a Sua Santità Romano che non esistono domande stupide o intelligenti ma solo quesiti a cui un importante uomo politico dovrebbe replicare con garbo oppure non rispondere proprio, se preferisce? Che fine ha fatto la libertà di stampa? E la “disintermdiazione critica”? Il silenzio dell’Odg, un po’ come il tweet di Giannini, rasenta lo schifo. O no?
Franco Lodige, 24 marzo 2025
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