Il peggio è stato evitato in extremis, ma la figuraccia è difficile da cancellare. A Modena, comune guidato dal Partito Democratico, era stato dato il via libera per l’organizzazione del convegno filo-russo “Mariupol, la rinascita dopo la guerra” in una sala civica. L’incontro pubblico del 20 gennaio organizzato dall’associazione Amici della Russia dell’Emilia Romagna prevedeva una rassegna fotografica e l’intervento di Andrea Lucidi, giornalista indipendente noto per aver invocato per Giorgia Meloni dopo che la leader di Fdi si era schierata al fianco del popolo ucraino all’indomani dell’invasione delle truppe di Mosca. Dopo le vibranti polemiche, arrivate persino da Kiev, l’amministrazione dem ha finalmente annunciato il dietrofront.
“Martedì proporrò alla Giunta comunale di prendere in considerazione la revoca del noleggio della sala civica di via Viterbo per l’appuntamento del 20 gennaio su Mariupol”, la conferma del sindaco Gian Carlo Muzzarelli, rimarcando che “le informazioni che stanno emergendo nel dibattito nazionale che si è sviluppato in questi giorni offrono elementi di riflessione non disponibili quando gli uffici hanno preso in esame la domanda, pur presentata nel rispetto del regolamento comunale”.
In particolare, ha aggiunto il sindaco di Modena, è emerso (dopo parecchi giorni) che “il profilo di alcuni dei relatori, come evidenziato dagli organi d’informazione, non è sempre coerente con l’impegno sottoscritto a rispettare i valori sanciti dalla Costituzione e dalla Repubblica Italiana e, segnatamente, il divieto di professare e/o praticare ideologie e comportamenti fascisti e razzisti”. Ma, soprattutto, “è emerso chiaramente, dalle dichiarazioni dei promotori, che l’iniziativa si presta a diventare una manifestazione di aperto sostegno alla guerra d’invasione della Russia e quindi in contrasto con l’articolo 3 dello Statuto comunale che, invece, si pone come obiettivo la promozione della piena affermazione dei valori di giustizia, di libertà, di democrazia e di pace”.
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Un passo indietro invocato da diversi partiti, anche di sinistra, ma arrivato con evidente ritardo. Anche perchè i temi al centro del convegno, così come gli organizzatori, sono stati resi noti da subito. Anzichè fermare il carrozzone, la guida dem di Modena ha tenuto a pararsi il sedere, respingendo i tentativi di strumentalizzazione e ribadendo che l’iniziativa non aveva ottenuto alcun patrocinio e alcun sostegno da parte dell’amministrazione comunale la cui posizione sul conflitto, aperto con l’invasione russa dell’Ucraina, “è sempre stata chiara e coerente, come dimostrato con l’accoglienza dei profughi e con la partecipazione a iniziative a favore della pace insieme a tante associazioni del territorio”. Forse Muzzarelli pretendeva anche un applauso.
Come anticipato, la vicenda aveva sollevato un polverone anche in Ucraina. L’ambasciatore a Roma, Yaroslav Yelnyk, aveva denunciato come l’Italia stesse diventando “vittima delle manipolazioni del Cremlino”. Ma c’è anche un altro elemento che pochi hanno sottolineato: i grandi democratici di Modena – i soloni convinti di poter assegnare patenti di antifascismo – avevano negato la sala civica a Fratelli d’Italia per un incontro sul primo anno di governo di Giorgia Meloni, per poi dare il via libera alla propaganda del Cremlino fatta sulle spalle di una città devastata da Putin. Apprezzabile la retromarcia, ma la figuraccia non si cancella via così facilmente.
Massimo Balsamo, 7 gennaio 2024