Il «manifesto» più famoso della storia è quello vergato da Marx ed Engels nel 1848. Era il manifesto del partito comunista e avrebbe fornito per quasi due secoli (perché lo fa ancora oggi) la base ideologica di quella che è stata la più duratura e sanguinaria ideologia totalitaria. Un’ideologia che ancora oggi si fa fatica a riconoscere come tale perché travestita con la zuccherosa, ma in realtà violentissima, pretesa dell’uguaglianza tra tutti gli uomini. In nome di questa pretesa antiumana, visto che il valore di ogni individuo sta proprio nella sua unicità e diversità rispetto a tutti gli altri, si sono giustificate le peggiori nefandezze. E a tutt’oggi, in nome di questa pretesa egualitaria, si attacca l’unico modello economico-sociale che ha reso possibile il reale avanzamento dell’umanità: il capitalismo, e il libero mercato!
È quindi quanto mai necessario e tempestivo il libro di Johan Norberg Il manifesto capitalista (Liberilibri) perché l’autore spiega, in modo definitivo, il successo senza precedenti del capitalismo e come, di fatto, non ci siano alternative ad esso. O, meglio, l’alternativa c’è, come sempre, ed è la decrescita, l’aumento della povertà, la riduzione del benessere. Norberg, giustamente, ha avvertito il bisogno di tirare le fila della storia del capitalismo in questo periodo storico che, tra pandemia prima e guerre poi, ha visto stravolto l’ordine mondiale. Tuttavia, dati alla mano, una cosa resta certa: nessuna epoca storica ha raggiunto un benessere superiore. «Negli ultimi due secoli la proporzione di chi versa in condizioni di povertà estrema si è incredibilmente ridotta: da quasi 9 persone su 10 a meno di 1 su 10. Nel 1800 appena il 12% degli abitanti della Terra sapeva leggere e scrivere; oggi, più o meno, quella è la quota di chi non sa farlo. L’aspettativa di vita globale è aumentata da circa trenta a più di settant’anni; la mortalità infantile è diminuita grossomodo del 90%».
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E proprio per questo un tale sistema è il più morale: solleva tutti verso l’alto, così come il comunismo tendeva a spingere tutti verso il basso. E anche per i fanatici
del green, che tanto odiano il capitalismo, Norberg mostra con chiarezza come più un Paese è sviluppato maggiore è la sua capacità di ridurre il proprio impatto ambientale. Tra i moltissimi dati e storie che troverete nel libro, davvero esaustivo, c’è però un particolare punto teorico che Norberg sottolinea. Il capitalismo liberale è morale perché permette di arricchirsi creando valore per tutti gli altri. «A mio avviso, e proprio questa insistenza sulle relazioni volontarie che rende il libero mercato moralmente superiore a tutti gli altri sistemi. Ed è anche quello che sta alla base della sua incredibile capacita di produrre ricchezza, imprimendo in ciascuno una forte motivazione per cercare costantemente nuovi modi di creare valore per gli altri».
Nicola Porro per Il Giornale 15 dicembre 2024
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