Fine emergenza, meno green pass: cosa cambia oggi (e dove sta la fregatura)

Il governo ha scelto la strada di un inutile percorso a tappe per tornare alla libertà

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Sembra incredibile: dopo oltre due anni, da oggi non siamo più in stato d’emergenza. Inoltre, nonostante i contagi e i ricoveri siano tornati un po’ a salire, il governo ha autorizzato qualche allentamento delle norme anti Covid. Ma il regime straordinario è veramente un ricordo del passato? Davvero non assisteremo più all’uso (e all’abuso) dei poteri speciali? Ci sono buone ragioni per essere contenti, stamattina, ma altrettante per essere preoccupati. Cominciamo dal riepilogo delle norme in vigore.

Green pass, tutte le novità

Secondo l’ultimo decreto approvato dal cdm e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, da oggi il super green pass continua comunque a essere necessario per una serie di attività quotidiane: palestre, piscine, sport di contatto, centri benessere al chiuso, spogliatoi, docce, convegni, congressi, centri sociali e culturali, ricevimenti, sale gioco e sale scommesse, discoteche, cinema, teatri, palazzetti dello sport, strutture sanitarie. Basterà il green pass base, invece – quello che si ottiene con il solo tampone – per bar e ristoranti al chiuso, concorsi, corsi di formazione, spettacoli all’aperto, stadi e mezzi di trasporto a lunga percorrenza. Sparisce, invece l’obbligo di certificazione Covid per sedersi ai tavolini all’aperto dei locali e sui mezzi di trasporto pubblico locale. Se confidavate in una serie di semplificazioni, insomma, vi sbagliavate: l’elenco dei distinguo, delle prescrizioni e delle eccezioni è ancora sterminato e, con ogni probabilità, gli italiani, impossibilitati a stare dietro alle manie di Roberto Speranza & company, si sono persi già da un pezzo.

Mascherina

Peraltro, sono state introdotte o confermate alcune disposizioni in merito all’utilizzo delle mascherine, rigorosamente di tipo Ffp2. Saranno obbligatorie su treni, aerei, navi, traghetti, pullman turistici, funivie, in cinema, teatri, palazzetti dello sport, scuolabus e altri veicoli del Tpl, come autobus e metrò.

Obbligo vaccino over 50

Per gli over 50, resta l’obbligo vaccinale (fino al 15 giugno), ma non sarà più necessario esibire il super green pass sul posto di lavoro: sarà sufficiente il tampone. Nella “nuova normalità”, per riportare a casa il pane, ci vuole la tesserina di Stato. Vaccino coatto anche per insegnanti e forze dell’ordine per altri due mesi e mezzo, mentre per i sanitari l’iniezione sarà obbligatoria fino a fine anno.

Inutile percorso a tappe

Com’è evidente, l’esecutivo ha scelto la strada di un inutile ed estenuante percorso a tappe, che continuerà a rendere l’Italia il Paese sviluppato con più restrizioni ancora per tutto aprile. Inclusi, quindi, il periodo di Pasqua (in caso di freddo e acquazzoni, per festeggiare al ristorante servirà il super green pass) e la Liberazione, che capiterà di domenica (altro fine settimana lungo rovinato dalla virocrazia). Da maggio, il pass dovrebbe sparire del tutto, mentre, sulle mascherine al chiuso, il governo si riserva di decidere più in là: come ci ha tenuto a sottolineare Speranza, la fine dell’obbligo di indossarle non sarà automatica. Ed è proprio in questi dettagli che si nasconde l’inghippo di tutta la road map del ritorno alla normalità.

I poteri di Speranza

In verità, già da subito, il ministero di Speranza conserva amplissimi poteri d’ordinanza. E in generale, l’esecutivo potrà rimangiarsi una o più tappe della ripartenza. Con la crisi del gas che sta raggiungendo l’acme, immaginate quanto farebbe comodo un bel lockdown energetico? Ipotesi di complotto a parte, non siate troppo sicuri nemmeno dell’addio definitivo al green pass: la “validità tecnica” del codice a barre in cui si sostanzia la certificazione, infatti, è stata già prorogata per quasi tre anni. Se qualcuno non avesse pensato che, un domani, il lasciapassare verde potrebbe tornare utile, per quale motivo sarebbe stato deciso un tale prolungamento della sua durata? Non è difficile ipotizzare un impiego “a fisarmonica” del documento: via nei mesi caldi, per spingere il turismo ed evitare lamentele eccessive da parte degli operatori turistici e, in generale, degli italiani, più propensi a uscire, a viaggiare e a fare vita sociale; di nuovo attivo nei mesi invernali, con la scusa degli inevitabili aumenti dei contagi. Un pretesto per ripristinare l’emergenza di fatto, anche senza dichiararla di diritto, lo si trova sempre.

In fin dei conti, è il vulnus dell’approccio del governo: conservare poteri discrezionali, allargare le competenze in capo al ministero della Salute, sul quale, dal 2023, convergeranno anche le funzioni temporaneamente affidate a un’unità del dicastero della Difesa, che dovrebbe completare la campagna di vaccinazioni – ma quand’è che sarà completata? A che percentuale di popolazione inoculata? A quante dosi di richiamo? Sarà un’impresa infinita? Never ending story?

Insomma, oggi sparisce lo stato d’emergenza, ma resta la spada di Damocle dell’utilizzo di poteri emergenziali. Cambiamo i nomi, affinché la sostanza rimanga quasi la stessa. Perché lo Stato, una volta occupato uno spazio, non lo libera mai; una volta estese le proprie funzioni, non le riduce di nuovo; una volta assaporato uno spicchio in più di arbitrio, ne esige sempre di più. Il Leviatano non è mai stato così pingue. E non ha intenzione di intraprendere una cura dimagrante.

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