C’è Speranza, ma non c’è speranza. Benché i contagi calino, benché il ministro della Salute si vanti del fatto che “abbiamo piegato la curva epidemiologica” – la quale, in realtà, s’è piegata da sé – e benché diminuisca la pressione sugli ospedali, la fine delle restrizioni anti Covid somiglia sempre di più alla classica carota agitata sotto al muso dei coniglietti: serve a farli ingolosire, ma proprio quando gli animali la stanno per afferrare, chi gliela fa penzolare davanti la sposta un po’ più in là.
Ci si sarebbe aspettati, ad esempio, che Mario Draghi, presente ieri in conferenza stampa, sciogliesse le riserve e annunciasse agli italiani un piano ben dettagliato per l’eliminazione delle regole pandemiche. E invece, dal presidente del Consiglio, solo impegni generici: usciremo dall’emergenza “il più presto possibile”, prepareremo una road map “entro pochi giorni”… Vedremo, faremo, valuteremo, decideremo. E intanto il Paese resta prigioniero delle norme più estremiste (e ingiustificabili, vista la situazione) del mondo: il green pass necessario praticamente per svolgere qualsiasi attività al di fuori delle mura domestiche, il super green pass imposto agli over 50 dietro la minaccia di perdere lo stipendio, addirittura ancora i famosi colori delle Regioni, che ormai non hanno più senso, ma restano l’irrinunciabile feticcio di Roberto Speranza.
Anche il coordinatore del Cts, Franco Locatelli, ha deluso chiunque, ingenuamente, confidasse in segnali concreti da parte dei decisori: no al liberi tutti, gradualità e prudenza. Tradotto: vi dobbiamo tenere sulle spine, dobbiamo allentare la morsa quel tanto che basta a non farvi perdere la pazienza, sempre pronti a stringere di nuovo la briglia, all’occorrenza. Il tutto, mentre la maggior parte degli altri Paesi ormai si lasciano alle spalle i divieti e, nei rari casi in cui è stato adottato, in forma più blanda della nostra, si apprestano ad archiviare l’inutile e odioso certificato verde. Da noi, nella migliore delle ipotesi, si tornerà allo status quo di dicembre: niente tesserina per le attività che si svolgono all’aperto.
Quando finiranno le vessazioni? Boh: “il prima possibile”; ce lo diranno “a giorni”. Con quella vaghezza che l’ingrediente necessario dell’arbitrio del potere, di cui siamo vittime, forse parzialmente consenzienti, da due anni. E chissà per quanto altro tempo…
Marco Baronti, 19 febbraio 2022