Politiche green

Flop auto elettriche, anche Berlino cede: sì alla revisione del Green Deal

Crisi dell’auto a Berlino a causa del crollo della domanda delle elettriche. Volkswagen chiede incentivi per le auto alla spina

auto © husuny, pixelshot e claudiodivizia tramite Canva.com

La Germania segue la linea dell’Italia. Berlino infatti apre ad anticipare al 2025 la revisione dei target di emissioni C02 per auto e furgoni – prevista per il 2026 – pur confermando l’obiettivo dello stop ai motori a benzina e diesel dal 2035. La conferma è arrivata dal ministro dell’Economia e del clima, Robert Habeck, dopo un incontro con l’industria del settore a Berlino: “Dalla tavola rotonda è emerso il desiderio di anticipare la revisione al 2025 e io sono felice di appoggiarlo”.

Con l’anticipo della revisione potrebbe arrivare il via libera a modifiche all’attuale scadenza del 2025 per le case automobilistiche di ridurre del 15 per cento le emissioni medie delle loro auto. La preoccupazione dell’industria automobilistica è nota: miliardi e miliardi di euro di multe a partire dall’anno prossimo. La linea del vice cancelliere verde è perentoria: “Ha senso affrontare questo problema ora, cioè farlo un po’ prima, in modo che i cambiamenti che probabilmente saranno strutturali nel mercato possano poi essere considerati negli obiettivi che sono stati fissati nel 2019”.

Attenzione però. Nonostante il passo avanti per il settore auto, Habeck non s’è detto favorevole ad abbassare automaticamente gli obiettivi di conseguenza. Stesso discorso per il target del 2035 per mettere al bando i motori a benzina e diesel: “Se lo metti in dubbio, metti in dubbio la neutralità climatica entro il 2050. Non lo voglio fare. Assolutamente no”. Ricordiamo che il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, porterà sul tavolo del Consiglio competitività di giovedì una proposta che prevede tra l’altro di anticipare dalla fine del 2026 ai primi mesi del 2025 l’attivazione della clausola di revisione prevista dal “Regolamento in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli leggeri”. La linea di Roma è nota: opporsi all’eliminazione delle emissioni di CO2 da parte dei nuovi veicoli leggeri, inclusi auto e furgoni, entro il 2035.

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Nonostante la linea iper-green, la Germania deve fare i conti con la crisi dell’auto che coinvolge le principali case, basti pensare al crollo della Volkswagen. Immatricolazioni in caduta e lo spettro di multe miliardarie se i costruttori non rispetteranno i target di progressiva riduzione delle emissioni di CO2 fissati dalla Ue, hanno spinto il governo rossoverde a una presa di posizione netta. Nella già citata riunione hanno partecipato le case storiche Volkswagen, Bmw, Mercedes-Benz, Ford, Opel, ma anche Tesla Germania, insieme a Continental e ZF tra i fornitori, oltre all’associazione di categoria Vda e il sindacato IG Metall. Nessuna misura concreta, evidenzia il Corriere, ma la promessa di interventi mirati a risollevare il settore.

Complice la crisi, Volkswagen con il ceo Oliver Blume ha invocato incentivi pubblici a nome del settore. La storica casa automobilistica ha in programma tagli senza precedenti, compresa la chiusura di due stabilimenti in Germania, una prima volta in 87 anni di storia, senza dimenticare la chiusura dello stabilimento di Bruxelles dedicato all’elettrico. Secondo Blume, gli incentivi potrebbero stimolare le vendite di veicoli nel breve termine, soprattutto nei segmenti entry-level. In altri termini, si tratta di chiedere al governo un netto passo indietro rispetto al provvedimento di gennaio che ha abolito i bonus per l’acquisto di auto alla spina.

Ma non è tutto. La regolamentazione delle emissioni di Co2 in Europa occupa un ruolo di rilievo tra le priorità degli attori del settore. Non a caso la scorsa settimana la maggior parte delle case automobilistiche europee riunite in Acea ha chiesto ufficialmente a Bruxelles misure di aiuto urgenti per far fronte alle norme sulle emissioni di CO2 nel 2025, ritenendo di non riuscire a rispettarle. Una preoccupazione considerevole per il settore e questa volta l’Europa non può restare a guardare, con buona pace dei fanatici della religione verde.

La mossa di Habeck segna un punto in favore di Urso, che può contare sull’appoggio di Berlino per la sua iniziativa. Ma soprattutto rappresenta il fallimento dell’ideologia che sorregge il Green Deal, le cui tempistiche sono parse folli sin dal principio. Seguiranno aggiornamenti…

Franco Lodige, 20 settembre 2024

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