La concorrenza della Cina, le fabbriche che chiudono, la resistenza al cambiamento. Affermare che le auto elettriche sono in affanno è un eufemismo. La rivoluzione green ha incontrato molti più ostacoli di quelli previsti, che hanno spinto istituzioni e produttori a fare diversi passi indietro rispetto all’iniziale all in verso le auto alla spina. Ma bisogna anche intervenire dal punto di vista legislativo e correggere le folli norme ideologiche attuate negli scorsi anni. Il riferimento è ai vincoli europei sulle auto diesel e benzina, con il divieto fissato per il 2035. Il governo italiano ha già mosso i primi passi per chiedere un ammorbidimento del provvedimento, ma qualcosa sta cambiando anche all’interno del Parlamento europeo.
“Il prossimo divieto previsto per il 2035 sui motori a combustione interna dovrebbe essere revocato per riflettere la neutralità tecnologica, consentendo così un mix di tecnologie” questo quanto recita la bozza di un position paper a cui sta lavorando il Partito popolare europeo (Ppe), sul tema della competitività nel settore automotive. Sempre più distanti dall’integralismo verde, i popolari vogliono invitare la commissione guidata da Ursula von der Leyen a presentare una revisione del Regolamento 2019/631 che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di Co2 delle nuove vetture, riporta Agi, “che reintroduca un approccio tecnologicamente neutrale e riconosca il ruolo di tutte le tecnologie nella riduzione delle emissioni di Co2. La revisione dovrebbe riconoscere il ruolo dei carburanti alternativi, inclusi e-fuels, biocarburanti, carburanti rinnovabili o sintetici, prevedendo esenzioni esplicite, accompagnate da altre misure come l’introduzione di un fattore di correzione del carbonio, rivedendo cosi’ il divieto sugli Ice a partire dal 2035”.
Ma non è tutto. Il Ppe, infatti, dovrebbe chiedere anche un anticipo al 2025 della revisione programmata per il regolamento sulle emissioni per le nuove auto così da “correggere il divieto sugli Ice e fornire al settore certezza legale e sicurezza di pianificazione il prima possibile”. All’interno del documento citato viene messo sul tavolo l’avvio di un “Dialogo strategico sul futuro dell’automotive” e la presentazione entro i primi cento giorni del nuovo governo europeo di un “Clean industrial deal che riveda il divieto dei motori a combustione interna, contribuisca a evitare sanzioni, sviluppi condizioni favorevoli, e intensifichi gli sforzi per la realizzazione di infrastrutture al fine di rendere competitiva l’industria automobilistica europea, raggiungendo nel contempo la decarbonizzazione del settore dei trasporti, contribuendo così all’obiettivo dell’Ue di neutralità climatica entro il 2050”.
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Un approccio pragmatico, quello del Ppe, che mira a una vera transizione ecologica (e non ideologica). Non si parla solo di auto elettriche, ma di milioni di posti di lavoro e di miliardi di euro in ballo. Anzichè progresso, la forzatura talebana impressa sta portando solo a licenziamenti e crisi industriali. La mossa dei popolari – il principale partito europeo di cui è espressione la Von Der Leyen – potrebbe tracciare un solco. Come testimoniato dall’elezione dei vicepresidenti della nuova Commissione europea, la maggioranza è particolarmente mobile e non è da escludere che i gruppi di destra decidano di sposare la battaglia del Ppe, con buona pace dei Verdi e degli altri partiti integralisti.
Ricordiamo che l’Acea – l’associazione dei produttori europei – sostengono con forza l’ipotesi di anticipare al 2025 il riesame della normativa sulla CO2 per i veicoli leggeri e per i veicoli pesanti, in programma rispettivamente nel 2026 e nel 2027. A testimonianza della delicatezza del dossier, che non permette stupidaggini ideologiche.
Franco Lodige, 2 dicembre 2024
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