La sinistra vuole rendere obbligatorio cantare Bella Ciao ma è fredda su una legge che persegua il negazionismo delle foibe? Il nesso tra i due sentimenti lo vedremo tra poco. Ma per ora esaminiamo i due casi. Su Bella Ciao obbligatoria per legge, per ora solo il giorno del 25 aprile dopo l’inno di Mameli, è stato scritto molto e bene. Che si tratta di una sorta di canto inventato, visto che comincia ad apparire negli anni Sessanta, ben lungi dalla Resistenza reale. Che in ogni caso è un inno in cui si sono sempre più riconosciuti i comunisti. Che non abbiamo ancora un inno nazionale davvero ufficiale (quello di Mameli non lo è) mentre si vorrebbe fornire uno statuto simile a una composizione che non rimonta al farsi della nazione, come invece la stragrande maggioranza degli inni nazionali.
L’Italia è infatti nata nel 1861 e non il 25 aprile 1945. Si tratta di una proposta fortemente ideologica in cui si vede come la sinistra italiana creda ancora che la Resistenza sia stata esclusivamente comunista, mentre invece, come sappiamo, un contributo fondamentale l’hanno fornito le formazioni socialiste, cattoliche, liberali, azioniste.
E veniamo alla questione delle foibe. Fratelli d’Italia ha depositato, primo firmatario il senatore Luca Ciriani, un progetto di legge per combattere il negazionismo delle foibe, attraverso l’equiparazione con la repressione del negazionismo della Shoa. Pur non essendo in genere un fan di leggi che perseguono le idee, nel caso delle foibe (e ovviamente a maggior ragione in quello della Shoa) esse si rendono necessarie a fronte di una fortissima e diffusa propaganda che tende a negare l’evento. Ed è indubbio che in Italia, dopo che per decenni si è occultato il fenomeno, non potendo quasi parlarne, da quando è stata introdotta la Giornata della Memoria è cominciato un fuoco di fila tendente, se non a negare, almeno a minimizzare le foibe. Buon ultimo esempio, il rifiuto del Pd di Novara di celebrare Norma Cossetto.
L’argomentazione chiave dei minimizzatori più intelligenti è di dire che non di genocidio si trattò ma di massacri politici, come ve ne sono stati tanti durante la Seconda guerra mondiale. È anche l’argomento che utilizza un pezzo, su Repubblica del 6 giugno, firmato da Milena Santerini. Per la quale equiparare le foibe alla Shoa indebolirebbe la lotta all’antisemitismo, visto che il carattere di genocidio della seconda sarebbe evidente, molto meno quello delle foibe. Santerini è una firma autorevole: docente alla Cattolica, già parlamentare del Pd, è stata nominata dal governo giallorosso Coordinatrice nazionale perla lotta contro l’antisemitismo. La sua argomentazione ci pare tuttavia poco convincente.
Non si capisce infatti perché perseguire la negazione delle foibe dovrebbe far calare la tensione su quella contro la negazione della Shoa. A meno di non pensare che l’antisemitismo oggi venga prevalentemente dall’estrema destra e che la memoria delle foibe appartenga solo alla destra del paese. Ma non è cosi. Accanto a un antisemitismo di estrema destra, esiste, come si è visto in occasione del recente conflitto a Gaza, un antisemitismo di estrema sinistra e uno di matrice islamista – quest’ultimo in particolare, come si sa, indulge in propaganda negazionista delle camere a gas, considerate una invenzione servita a legittimare la nascita dello Stato di Israele.