Ci mancava solo questo, in effetti. Non bastavano ministri (leggi: Di Maio) che: “a Natale e Capodanno concediamo ai cittadini di spostarsi tra Comuni”, come se fosse un regalo di Sua Maestà ai sudditi. Non bastavano senatori che invitano a reprimere la “voglia di libertà”, non sia mai che faccia troppi danni. Non bastavano dpcm inverosimili, striscioni sui balconi, lockdown burocratici e “andrà tutto bene”. Ora tocca sorbirsi anche l’esegesi della mascherina, l’inno alla presunta coperta di Linus di cui – a detta dei grandi scrittori – sentiremo mancanza e nostalgia.
Confessiamo, è difficile parlarne. Perché se un editoriale straziato per l’addio alle mascherine può capitare, tutti sbagliano per carità, ritrovarsene addirittura due diventa un segnale allarmante. L’orizzonte intellettuale italiano minaccia uragani. Nella sua rubrica quotidiana, Massimo Gramellini, uno che piace molto alla gente che piace, si strugge perché da oggi le Ffp2 diventano “immediatamente un ricordo e per qualcuno persino un rimpianto”. Come faremo senza mascherine a parlare “da soli in strada” senza che nessuno se ne accorga? E come faremo a rimanere “colpiti dallo sguardo intrigante di qualche persona sconosciuta”? Sarà impossibile rivendicare “la libertà” (ah, questa sì) di andarsene in giro “struccate”, “non sbarbati” e senza “lavare i denti”. “Come tante altre cose che all’inizio sembravano insopportabili, la mascherina ci mancherà”.
Ecco. L’assenza del panno filtrante farà affliggere anche Caterina Soffici, il cui animo soffre all’idea di non dover più uscire di casa con questa “livella estetica”, questo “strumento che ci ha unito” (?), ci ha “reso uguali” e “partecipi di una comunità”. Nemmeno la Nazionale e Pertini sono mai arrivati a tanto. “La sensazione è straniante“, scrive Soffici togliendosi controvoglia il dispositivo facciale. “Come quando dopo trenta giorni di gesso ti liberano finalmente il braccio e lo guardi e non lo riconosci: è un arto sgangherato, quasi avulso dal corpo e devi imparare di nuovo a usarlo”. Bisognerà “abituarsi alla nuova realtà”, conclude, e “non è chiaro se tutto tornerà davvero come prima”.
Respiro.
La tragedia del Gramellini pensiero, inteso genericamente come questo assurdo elogio delle Ffp2, in realtà non sta tanto nel rimpianto di non avere più il viso coperto. Ma nel fatto che nei pensatori liberal è scattato il rimorso per non “dovere” più indossare la mascherina, cioè di non avere più l’obbligo di sottostare ad una prescrizione. Perché in punta di diritto oggi è decaduto un decreto che imponeva di coprirsi le vie aeree mentre camminavamo all’aperto, ma nessuno impedisce agli intellettuali alla moda di continuare a portarla. Non è vero, come scrive la Soffici, che siamo stati “smascherati per decreto”. Se vogliono insistere coi Dpi, possono farlo. Il “rimorso”, o il rimpianto, riguarda dunque il decreto impositivo: sono dispiaciuti che l’universo mondo non sarà costretto a seguire sorridenti l’obbligo di mascherina. Ed è questo il vero dramma.
La maschera la indossino pure Gramellini&soci, se credono. Che noi viviamo bene senza. Preferiamo la libertà.
Giuseppe De Lorenzo, 11 febbraio 2022