Proseguono le eco-idiozie in Emilia-Romagna. Nella provincia di Forlì, duramente colpita dall’alluvione dello scorso maggio, gli ambientalisti protestano contro la giunta Bonaccini che hanno contribuito ad eleggere. Dopo le polemiche scaturite per l’inadempienza della regione nella messa in sicurezza del territorio, Pd e compagni hanno deciso di fare dietrofront: al via l’operazione “Fiumi puliti”, che prevede il potenziamento della manutenzione degli alvei fluviali. Il programma comprende la pulizia dei 23 corsi d’acqua esondati a maggio, con interventi straordinari tra Ravenna e Forlì.
L’integralismo ecologico
Da un lato, decine di ruspe raccolgono i rifiuti nel letto dei torrenti, distruggono le recinzioni abusive e le baracche in prossimità dei fiumi, rimuovono i tronchi degli alberi in eccedenza; dall’altro, fior fiore di associazioni locali (“Spazi indecisi, I meandri del fiume Ronco”, “Tavolo delle associazioni ambientaliste di Forlì”, “Parents for Future”) contestano le misure intraprese per evitare nuove esondazioni.
I gruppi sopra citati hanno una concezione maltusiana della natura: il pianeta è in salute solo senza l’uomo dentro. “Perché attuare interventi drastici contro il paesaggio, invece di pulire gli argini in maniera non invasiva?” è il leitmotiv delle polemiche verdi. Bisognerebbe capire cosa si intende per “interventi non invasivi”: abbracciare le nutrie dicendo loro di scansarsi gentilmente e di costruire altrove i loro nidi?
Il malumore dei sindaci dem
Si sta creando una spaccatura tra ecologisti radicali e sindaci del Pd che, pur avendo a cuore l’ambiente, ritengono sia necessario bonificare le aree a rischio. Tra le voci critiche spicca quella del sindaco di Ravenna Michele Di Pascale, che il 22 maggio dichiarava a Quarta Repubblica: “È stata attribuita quest’alluvione al consumo di territorio. Ma la pioggia ha colpito una zona che naturalmente era una palude. Il territorio intorno a Ravenna è di una valle che aveva esternalità come la malaria. I nostri bisnonni hanno bonificato tutto”.
E ancora: “Ci sono folli scelte di priorità per quanto riguarda la manutenzione: negli ultimi anni l’attenzione, degli animalisti ma non solo, si è concentrata sulle nutrie che popolano i fiumi anziché sulla necessità di realizzare delle opere necessarie ad evitare disastri come quelli odierni. Tra una vita umana e una nutria che mi fa una tana su un argine, la scelta dovrebbe essere chiara”. Il ragionamento del primo cittadino non fa una piega: agire con pragmatismo per risolvere le criticità non è né di destra, né di sinistra, ma puro buonsenso. Conoscendo l’ideologismo imperante a sinistra, non escludiamo una fatwa contro Di Pascale. Anche Fausto Pardolesi, esponente di Europa Verde, si è smarcato dai diktat green: “Occorre usare il buonsenso, dobbiamo scegliere il male minore”.
Due modelli di ambientalismo
La demagogia dell’universo verde ha reso il termine “ambientalismo” inviso alla maggior parte delle persone. Eppure, bisogna distinguere due modelli di salvaguardia ambientale: un modello liberale, che vede nello sviluppo economico, nella manutenzione e nelle infrastrutture le strategie per difendere (concretamente) il territorio, e un modello eco-socialista, che vive di “no” anteponendo il benessere umano a qualche nutria per sterili pregiudiziali ideologiche.
Gli ambientalisti della domenica dimenticano che oltre 20mila emiliani sono sfollati a causa della miopia eco-friendly. Succede questo quando si realizzano meno bacini di espansione del previsto, mettendo in pericolo la vita dei cittadini. Che la decisione (tardiva) di Bonaccini sia da monito ai verdi: basta criminalizzare le opere di manutenzione.
Lorenzo Cianti, 20 settembre 2023