Cantami o Diva, del Pelide Burioni, l’ira funesta, che infiniti lutti addusse ai novax, parafrasando in parte il famoso proemio dell’Iliade si potrebbe descrivere efficacemente l’ultima, indignata presa di posizione di uno dei più acclamati santoni del periodo virale.
Il fatto che ha scatenato l’incontrollabile furore dell’uomo dei vaccini per antonomasia (che all’inizio della pandemia aveva diagnosticato il rischio zero per l’Italia, per poi virare rapidamente verso l’ipotesi di una catastrofe imminente) ha riguardato la nomina a professore associato alla Statale di Milano della endocrinologa Ilaria Muller. In particolare, secondo lo studioso pesarese, che attacca duramente la medesima Università, lo scandalo consisterebbe nelle posizioni critiche espresse più volte dalla Muller nei riguardi dei vaccini Covid, da quest’ultima considerati sperimentali, e dell’abominevole green pass. Secondo Burioni, che al tempo auspicava di chiudere in casa come sorci gli individui che non si vaccinavano, tali critiche rappresenterebbero “bestialità che denotano una ignoranza di profondità immensa e una somaraggine degna del più fanatico novax”.
Dopodiché il nostro eroe, rivolgendosi ai responsabili dell’ateneo, aggiunge: “Nonostante le prese di posizione pubbliche durante la pandemia a fianco di organizzazioni novax e medici protagonisti delle campagne contro il vaccino, Ilaria Muller nel 2024 è stata promossa da ricercatore universitario di tipo B a Professore Associato di Ruolo. In altre parole, davanti alle sconcertanti dichiarazioni di questo medico, l’Università Statale di Milano non è rimasta con le mani in mano. Ha messo la dottoressa Muller in cattedra (…). Come vedete, il merito viene premiato“.
Tuttavia, come riporta il Giornale, “dall’ateneo fanno notare come il fatto di vincere un concorso per professore associato non sia un premio, e che per poter accedere a un qualsiasi concorso pubblico sia necessario avere l’abilitazione scientifica nazionale rilasciata dal Miur.”
D’altro canto, occorre anche comprendere il risentito atteggiamento del virologo, che in concorso con altri virostar della medicina ha affrontato una pandemia ancora tutta da decifrare con metodi e prese di posizione di stampo quasi religioso, divulgando tutta una serie di verità dogmatiche che a volte sono poi naufragate di fronte alla realtà dei fatti. Virostar che hanno sostenuto con forza l’assurdità del lockdown, del coprifuoco, delle mascherine anche all’aperto, dei vaccini obbligatori per soggetti sani e che, teniamolo bene in mente, applaudivano un premier che tuonava in conferenza stampa con queste parole: “Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, ti ammali, contagi, qualcuno muore.”
Oggi, tuttavia, Burioni deve aver capito di aver esagerato. Infatti sui social s’è fiondato a precisare, per quanto possibile. Innanzitutto riconosce “che la Muller, oggettivamente, ha un curriculum di tutto rispetto nel suo settore specifico”. Insomma: “È una brava ricercatrice”. Poi è costretto ad aggiungere che, se si fosse trovato al posto dei colleghi della Statale, non l’avrebbe certo bocciata: “Penalizzarla per le sue idee (per quanto sbagliate e pericolose) avrebbe significato mettere in discussione sia la libertà di insegnamento, sia quella di opinione e chi mi segue sa quanto io dia importanza a queste due cose, che ritengo fondamentali in una democrazia”. Una retromarcia mica da niente, anche se un tantino auto-assolutoria, ma comunque tale da “dover ammettere” che “dal punto di vista accademico la scelta che hanno fatto i colleghi della Statale non è diversa da quella che avrei fatto io”. Non ci voleva un master per riconoscere che uno nella vita può pensare quel che vuole, ma le sue idee non possono certo danneggiarla nel suo lavoro.
Eppure, a prescindere dalla fondatezza o meno dei dubbi che molti medici non ortodossi hanno espresso in merito agli stessi vaccini, è mai possibile che il grande Burioni non abbia ancora capito che sin dai primi riscontri era chiaro che la stragrande maggioranza della popolazione non correva alcun rischio e che, quindi, non c’era alcuna ragione per imporre un obbligo vaccinale? A parte i miliardi buttati nello sciacquone degli sprechi, con centinaia di milioni di dosi finite al macero, al grande maestro pesarese occorrerebbe ricordare il principio che si insegna al primo anno di medicina: primum non nocere.
Un concetto che proprio negli anni bui della paura virale è stato drammaticamente accantonato, provocando infiniti danni alla salute di alcuni cittadini e alla nostra economia in nome e per conto della scienzah. Con l’h finale.
Claudio Romiti, 24 ottobre 2024
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