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Follie Usa, la fake degli indiani buoni e dei bianchi cattivi

Questa immagine ha fatto il giro del mondo. Un ragazzo e un uomo più  anziano sono uno di fronte all’altro. L’uomo ha i lineamenti di un nativo americano e suona un tamburello etnico. Il ragazzo sorride (beffardo). È bianco. Peggio. Indossa il berretto rosso MAGA, Make America Great Again, il motto di Trump.

Cosa sta succedendo?

Il verdetto dei media, mainstream e social, è inequivocabile. È un suprematista bianco che si diverte ad umiliare l’ennesimo POC (Persona di colore/membro di una minoranza etnica). “I baby Trump prendono in giro il leader dei nativi”, scrivono i giornali e la notizia viene rilanciata in tutto il pianeta, Italia compresa (il titolo è del Corriere.it).

Bene, si tratta di una clamorosa fake news che sta scuotendo il sistema d’informazione made in USA. L’episodio è diventato la conferma dell’approssimazione dei media; del pregiudizio e dell’ipocrisia di coloro che spesso si proclamano campioni dell’antirazzismo; e di come, per social e media, nell’America di oggi c’è ancora un colore di pelle sbagliato: il bianco.

Veniamo ai fatti: il video (editato) diventa virale pochi giorni fa. Si vede un anziano nativo americano, Nathan Phillips, suonare il tamburo attorniato da una moltitudine di ragazzi vocianti. Sono gli alunni di una scuola cattolica del Kentucky, Covington. Sono tutti bianchi e in molti indossano i cappellini MAGA. Uno dei ragazzi, Nick Sandman, è proprio di fronte a Phillips. È praticamente l’unico a non far niente. Sorride e basta.

Un’anima pia, non conoscendo le dinamiche politiche e sociali americane, lo troverebbe, dopotutto, un video di scarsissimo interesse. Invece nell’America di oggi, è dinamite. I social si scatenano e i media seguono a ruota. “Ragazzi in berretti MAGA maltrattano di un anziano nativo-americano durante la marcia per i diritti degli indigeni”, scrive l’autorevolissimo New York Times. “Il video dei teenager americani che insultano un nativo suscita indignazione”, è il titolo della BBC. “Teenager prendono in giro nativo americano”, riporta la CNN.

Il nativo Nathan Phillips, tra l’altro un veterano ex-marines, viene subito raggiunto ed intervistato. Il suo racconto è struggente e strappalacrime. Racconta di come lui volesse solo raggiungere il Lincoln Memorial quando è stato “attorniato e bloccato” dalla banda di giovinastri. “Mi gridavano contro e lanciavano i soliti slogan di Trump – racconta – Costruiamo il Muro, mi dicevano”.

Apriti cielo. “Il palese sfoggio di odio e intolleranza da parte di questi studenti è il segnale di come ogni standard di decenza sia crollato con questa amministrazione”, twitta un deputato al congresso (il tweet è stato rimosso).

Il Washington Post arriva ad individuare un link tra i ragazzi di Covington e la chiesa cattolica in generale: “La vergognosa storia di abusi della Chiesa Cattolica nei confronti dei nativi”.

Pensate la pressione scatenata nei confronti di questi ragazzi, tutti minorenni. Il National Review dice che, con il loro comportamento, e “come se avessero sputato sul crocifisso”. Li chiamano vermi, serpenti. Ricevono minacce di morte. E naturalmente la causa del loro palese razzismo chiama in causa genitori, scuola ed insegnanti.

L’odio dell’America tollerante e liberal si concentra particolarmente sul ragazzo sorridente, Nick Sandman. “Voglio il suo nome. Vanno sputtanati” scrive la comica Kathy Griffin, famosa per aver esposto la testa mozzata di Trump in un suo show. L’attore Ron Perlman (quello di Hellboy), gli scrive amorevolmente: “Al piccolo stronzetto di questa immagine, la tua punizione sarà una vita intera di rimorso”.

Ed è incredibile come tante personalità che solitamente fanno sfoggio di tolleranza, antimilitarismo e pacifismo non abbiano esitato un secondo a incitare alla violenza fisica contro un ragazzo di 15 anni: “Avete mai visto una faccia più picchiabile di quella di questo ragazzo?” twitta, tra gli applausi generali, l’intellettuale di origine iraniana Reza Aslan.

Una collaboratrice, piuttosto sboccata, del Saturday Night Live show, offre pubblicamente “un pompino a chiunque dia un cazzotto in faccia al ragazzo con il cappello Maga”.

La faccia del ragazzo viene messa a fianco di quella del neoeletto giudice alla corte suprema Brett Kavanaugh ed esposta al pubblico disprezzo. “Ecco il volto opprimente del patriarcato!”. L’isteria collettiva si sgonfia dopo circa 48 ore, quando diventa evidente a (quasi) tutti di aver preso un gigantesco abbaglio. Non era difficile. Bastava vedere il video nella sua interezza, ascoltare la controparte, cercare un minimo di evidenza.

In primo luogo il nativo americano, Nathan Phillips, un attivista militante, ha mentito su tutta la linea. In questo video si vede chiaramente che è Phillips ad apparire all’improvviso, con il suo tamburello, e ad andare verso il gruppo di ragazzi. Il Lincoln Memorial è sullo sfondo. Phillips taglia dritto e va verso i ragazzi. Proprio nessuno cerca di impedirgli di andare al memoriale.

Emergono altri particolari ancora più stravaganti. Il video originale è stato girato da un sedicente gruppo di “afroamericani israeliani” in visita anche loro a Washington. È un gruppo con opinioni piuttosto tossiche sulle donne e sugli omosessuali. Ad un certo punto si vede che sono loro ad interagire con il gruppo di studenti di Covington, con epiteti abbastanza pesanti. “Il vostro presidente è un vero frocio” grida uno dei neri-israeliani.

Indignazione per queste frasi omofobiche? Non pervenuta. Invece la rete vuole picchiare in faccia un ragazzo di 15 anni, che non dice nulla ma sorride in modo beffardo. Chiaramente il vero motivo, inespresso, è un altro. “Come osa costui andare in giro con il cappello di Trump?”

Ora i conservatori, Presidente in testa, festeggiano quello che (giustamente) considerano un grosso scivolone della stampa liberal. Il New York Times ha espresso un mea culpa sentito e convincente, altri meno. I più irriducibili, tipo Vox o Buzzfeed, stanno scavando nella vita social di ciascuno di questi ragazzi per cercare una frase o una prova compromettente… qualcosa che dimostri che invece sì, erano proprio dei gran razzisti. Qualcuno risponde al tweet di Reza Aslan con un manifesto tedesco degli anni ‘30, raffigurante il ghigno caricaturale di un ebreo. “Anche questa era una faccia picchiabile…”

E in Italia? Vale la pena, conoscendo ora i fatti, di leggere nuovamente cosa scriveva, sdegnata Repubblica: Mentre il gruppo irride e bullizza un anziano […] uno dei ragazzi lo sfida con lo sguardo e con un sorriso compiaciuto […] indossando un berretto con l’inconfondibile motto MAGA [ORRORE].

Seguono le nobili parole di perdono dell’indiano (l’unico in questa vicenda ad aver mentito spudoratamente) e le rassicurazioni che gli studenti saranno sicuramente puniti ed espulsi. Rettifiche, precisazioni, scuse? Al momento, nulla.

Stefano Varanelli, 24 gennaio 2019