Rockefeller University. New York. Come in tante altre università, americane e non, sulla parete dell’aula magna sono appese le immagini degli ex-allievi e ricercatori più illustri dell’università, tra cui diversi Nobel. Fino a pochi anni fa, nessuno avrebbe avuto nulla da ridire. Glorificare i giganti del passato serviva a motivare gli studenti; a farli sentire parte di una tradizione onorata e a dare modelli di riferimento.
Veniamo ad oggi. La parete dell’aula è spoglia. I ritratti sono stati rimossi e messi via. Perché? Perché erano una parete di “maschi bianchi”. Sì, proprio così. Non sto leggendo tra le righe. Le motivazioni di chi ha rimosso, e sta rimuovendo, i ritratti dei grandi del passato sono esplicitamente queste: perché sono maschi bianchi. Senza vergogna. La nascita di questa nobile campagna viene fatta risalire a Rachel Maddow, giornalista e conduttrice televisiva. Tanto per chiarire, la Maddow è quella che ha riportato la notizia del rapporto Mueller che assolveva Trump, piangendo disperatamente in diretta televisiva.
Entrando, per consegnare un premio, nell’aula magna della Rockefeller University avrebbe esclamato: “What’s up with the dude wall?”. Traducibile con: “Come mai questa parete di maschi?”. Da allora, l’ashtag #dudewall è diventato il vessillo del movimento. La neurobiologa Leslie Vosshall ha raccolto il testimone lanciato dalla Maddow: “Il suo commento ha portato alla luce qualcosa che mi infastidiva da anni. Visitando varie università, sono continuamente esposta a tutte queste sale conferenze, corridoi e sale letture ricoperte da ritratti di maschi bianchi”.
Quale orrore! Immaginate naturalmente cosa sarebbe successo, nella stessa identica frase, inserendo al posto di “maschi bianchi” un qualunque altro gruppo etnico. Eppure non si tratta di una pazzoide, ma di una stimata rappresentante del mondo accademico liberal. E l’accademia l’ascolta. I ritratti dei maschi bianchi vengono rimossi, uno dopo l’altro. “Il #dudewall che ho denunciato poco più di 10 giorni fa, è stato rimosso!”, annuncia trionfante su Twitter.
Alcune considerazioni:
1. Ci si augurava un mondo senza distinzioni di razza e genere. Ora proprio coloro che si considerano i più ferventi sostenitori di questa visione non fanno altro che analizzare l’umanità attraverso lo spettro del colore della pelle.
2. Il merito non viene neanche più menzionato, neanche come scusante. Non si tratta di aggiungere donne e minorities, man man che, inevitabilmente, i risultati accademici si adeguano ai cambiamenti sociali e demografici. No, i maschi bianchi devono sparire subito. Al loro posto? Non si sa bene.
Nel caso della Rockefeller University, i personaggi esposti erano tutti i vincitori del premio Nobel per la medicina o del Lasker Award. Un criterio oggettivo. Adesso un comitato di saggi illuminati, ripenserà l’aula in base, non al merito, ma ai supremi concetti di diversità e inclusione. E diversi premi Nobel dovranno cedere il posto ad altri ricercatori scelti in base a un criterio molto moderno: il sesso o il colore della pelle.
Stefano Varanelli, 5 ottobre 2019
Politicamente corretto. Storia di un’ideologia (Eugenio Capozzi)