Esteri

Francia, governo appeso a un filo. E anche Macron rischia grosso

In visita in Arabia Saudita, il capo dell’Eliseo è senza eredi e senza alleati. Le Pen e Mélenchon pronti a dare il colpo di grazia

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Ma ve li ricordate? Ve li ricordate tutti gli intellettualoni e gli analisti politici che decantavano le gesta di Emmanuel Macron dopo aver annunciato lo scioglimento dell’Assemblea nazionale la sera delle elezioni europee, il 9 giugno? Il grande stratega, il genio, il leader d’Europa. Ebbene, dopo sei mesi tutti si sono resi conto che la situazione è persino peggiorata e che la Francia è ingovernabile. Dopo meno di tre mesi dal suo insediamento, il governo di Michel Barnier rischia di cadere. Anzi, sta per crollare. Il premier ha attivato l’articolo 49.3 della Costituzione per far approvare il controverso disegno di legge sul finanziamento della sicurezza sociale in discussione all’Assemblea nazionale, esponendo l’esecutivo alla possibile mozione di sfiducia che, se approvata, lo farebbe cadere. Le opposizioni hanno annunciato più di una mozione di censura e il futuro del governo transalpino appare piuttosto ombroso.

Per passare servono i voti della maggioranza assoluta dei membri dell’Assemblea nazionale, cioè 289 su 577. Lo strano asse Mélenchon-Le Pen è pronto ad entrare in azione, con buona pace di Macron. “Tutte le manovre per salvare il governo Barnier sono fallite. Cadrà. E Macron, che è l’unico responsabile della crisi finanziaria e politica, deve andarsene per ridare parola ai voti dei francesi”, l’affondo del leader rosso de La France Insoumise. Dopo aver fornito l’appoggio esterno, la leader del Rassemblement National aveva chiesto al governo di rinunciare alla deindicizzazione delle pensioni. Impossibile. “A meno di un miracolo dell’ultimo minuto” ha ammesso Jordan Bardella, mentre la Le Pen ha confermato: “Le cose erano chiare, Michel Barnier non ha voluto rispondere alle richieste degli 11 milioni di elettori del Rassemblement National. Ha invitato tutti ad assumersi le proprie responsabilità, noi ci prenderemo le nostre. Presenteremo una mozione di censura”.

Ma come? Macron non era l’onniscienza fatta persona? O forse la mossa di sei mesi fa è stato un atto scriteriato da gambler della politica? L’Assemblea nazionale è estremamente frammentata poichè nessun partito e nessuna coalizione ha ottenuto una maggioranza. Per provare a rompere l’impasse ed affrontare i problemi del Paese, a partire dal deficit crescente, il capo dell’Eliseo ha deciso di affidare le chievi del governo a Barnier. Ma ora il suo esecutivo è pronto a diventare il secondo più breve della storia transalpina.

E che ne sarà di Macron? Se il governo cadrà rimarrà presidente, ovviamente, e dovrà nominare un nuovo premier. O forse no. Ormai privo di eredi ed alleati, il numero uno di Parigi rischia grosso. Sia chiaro: lui ha sempre escluso di dimettersi e nessuna norma della Costituzione glielo impone. Figurarsi se un politico come lui fa un passo indietro. Ma così rischia di paralizzare la Francia: la Carta impone di lasciare passare un anno tra un’elezione legislativa anticipata e un’altra. Non si potrà votare prima della prossima estate. A meno delle dimissioni di Macron, che consentirebbero elezioni presidenziali anticipate già nelle prime settimane del 2025.

Macron non è ancora intervenuto sulla crisi di governo, anche perché impegnato in queste ore in Arabia Saudita. Melenchon e Le Pen hanno già invocato le sue dimissioni, ma non sono mancate le stesse richieste anche da esponenti moderati come l’ex premier Edouard Philippe e l’ex segretario gollista Jean-Francois Copè. In più, i sondaggi non sorridono da tempo. L’ultima rilevazione, firmata da Csa lo scorso 29 novembre, ha confermato che il 63 per cento dei francesi lo vorrebbe fuori dall’Eliseo.

Macron dovrà decidere se continuare a coltivare le sue ambizioni da governatore del mondo o se rispondere alle necessità dei francesi. Parigi rischia serie turbolenze finanziarie nel caso in cui non dovesse essere approvata la legge di bilancio. I mercati stanno confermando l’allarme, anche perché il Paese ha oltre 3 mila miliardi di debito e ogni anno deve prendere a prestito 300 miliardi, con i tassi di interesse in crescita. Bel colpo, monsieur Emmanuel…

Franco Lodige, 3 dicembre 2024

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