Voglio scrivere oggi, prima che vengano votate le due mozioni di censura presentate dalle opposizioni in Francia, perché l’esito del voto è sicuramente la cosa più politica e meno interessante di tutto quello che si sta svolgendo in questi giorni.
Una vecchia abitudine ci porta a considerare i francesi come nostri cugini, amanti delle cose belle, paesi latini che provengono da una stessa storia comune. In parte è vero ma questa attitudine non spiega perché la Francia più che i francesi sia una nemesi italiana; perché il rapporto sia sempre viziato da pregiudizi e fraintendimenti; perché per un italiano sia più facile lavorare con un cinese piuttosto che con un francese pur essendo la Francia il nostro principale partner economico.
Alcuni ritengono che sia proprio l’eccesso di confidenza a generare gli equivoci, io mi sono formato un’opinione diversa: siamo entrambi vittime della nostra storia, la Francia come nazione e l’Italia come popolo, vivono nell’incapacità di dimenticare 2500 anni di storia che ci hanno visti protagonisti e fatto diventare i cinici osservatori di una contemporaneità che in realtà ci piace poco.
Il lavoro? Una tortura
Per comprendere questo paradosso fornisco una chiave efficace per vedere come, nella comune radice latina, agisca la psicologia nazionale: Italia e Francia paesi latini sono amanti del mangiare bene, in latino mangiare è manducare, in francese manger, è evidente la radice comune, per contro lavorare, in latino labor in francese travailler, labor lo intendiamo come essere laboriosi, travailler dal latino tripalium, che era uno strumento di tortura, lo intendono come essere vessati o financo torturati, etimologia che ritroviamo nel travagghiu siciliano o nel trabajo spagnolo.
Non voglio addentrarmi in faccende linguistiche complesse, ma una cosa è evidente nella psicologia italiana e francese: se i sindacati italiani scendono in piazza per il lavoro lo fanno magari con forza se i sindacati francesi scendono in piazza per le travaille lo fanno en colère, e questo succede perchè da noi si vuole difendere il lavoro, mentre in Francia si vogliono difendere da quello che considerano una tortura.
Per approfondire
Le mozioni di sfiducia
Tra poche ore il Parlamento francese dovrà votare le due mozioni di censura (sfiducia) presentate contro il governo che ha deciso di adottare la riforma delle pensioni da 62 a 64 anni senza passare da un voto parlamentare. Se leggete i giornali italiani sembra che abbiano soverchiato la dignità del Parlamento, quando nulla di tutto questo in realtà è successo, è semplicemente un’altro riflesso della differenza culturale che a volte esiste tra Francia e Italia: in italia il governo pone la Questione di fiducia su un provvedimento che vuole varare, se non ottiene il voto favorevole il governo cade, in Francia il governo promulga il provvedimento che ritiene necessario e l’opposizione propone una mozione di censura (sfiducia) contro il governo, se il governo perde cade.
Insomma in Italia vogliamo la fiducia in Francia ottengono la sfiducia, noi vogliamo essere apprezzati loro gli vogliono tagliare la testa, ma il risultato non cambia.
Non solo Macron
Per quello che sono riuscito a vedere nessuno dei commentatori Italiani, che riempiono i loro articoli e reportage di grandeur, violenza, crisi, ha parlato della medesima manovra fatta in Francia, nel 2010, dal Presidente Sarkozy portando l’età pensionabile da 60 a 62 anni con già dentro l’ipotesi di far crescere l’età pensionabile sino ai 65 anni. Sarkozy godeva di una forte maggioranza parlamentare che ha esercitato per far passare la riforma pur nel generale e comprensibile scontento (tutti vorrebbero andare in pensione prima), mentre Macron al suo secondo mandato, senza godere di una maggioranza parlamentare, ha deciso, considerandolo inevitabile per la tenuta del welfare francese, di proseguire nella crescita dell’età pensionabile da 62 a 64 anni per avvicinarsi alla media europea di 65 anni. Io mi chiedo: è più arrogante un governo che decide esercitando la sua maggioranza o un governo che decide sottoponendosi ad un voto di censura?
Diciamo la verità, quello a cui stiamo assistendo in Francia è un fatto tutto e solo politico, tutti sono consapevoli che la situazione in Francia sia insostenibile, ma dal punto di vista dell’opposizione hanno trovato una singolare sintesi tra estrema destra ed estrema sinistra, per tentare, aizzando la folla, la spallata al Presidente Macron.
Pensioni, Macron e Borne hanno fatto bene
Basterebbe chiedersi se esiste una iniziativa politica più impopolare dell’innalzamento dell’età pensionabile, per comprendere l’inevitabilità della manovra. Quale governo, perdipiù senza una maggioranza stabile, vorrebbe addentrarsi in quel labirinto se non fosse necessario, quale governo in questa situazione non applicherebbe il saggio motto andreottiano “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”, rinviando ad altri la decisione o la gestione della crisi finanziaria inevitabile.
Perciò, in lode a Macron ed Élisabeth Borne, va detto che qualunque sia il risultato del voto sulle mozioni di censura hanno agito con coraggio e nell’interesse esclusivo del popolo francese, e che l’estrema sinistra e l’estrema destra, coalizzate ai sindacati tutti riuniti per l’occasione, non hanno perso l’occasione per un indegno spettacolo ai danni della Nazione.
Antonio De Filippi, 20 marzo 2023