Speciale zuppa di Porro internazionale. Grazie a un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri. Mentre la nostra attenzione è tutta sulla corsa al Quirinale, il prossimo aprile si terranno le elezioni presidenziali in Francia che avranno un impatto importante sugli equilibri europei. Un altro tassello di quello che si muove a sinistra.
Scrive Lucaas Minisini su Le Monde del 24 dicembre: “Le rendez-vous est pris pour la mi-janvier. D’ici là, Christiane Taubira doit décider si elle participera à l’élection présidentielle” L’appuntamento è per metà gennaio quando la Taubira, già Guardasigilli ai tempi di François Hollande, deciderà se partecipare alle elezioni presidenziali.
In quel gioco di ombre cinesi che è diventata la politica francese dopo che Emmanuel Macron ha destrutturato con metodi più o meno limpidi i gollisti mentre ai socialisti è bastata la letale cura Hollande, la mossa della politica guayanese va letta attentamente. Certamente nasce dalla disperazione di una sinistra che nei sondaggi raccoglie intorno al 25 per cento diviso tra 8/9 candidati tra i quali nessuno raggiunge, nelle previsioni, il 10 per cento.
Ma c’è chi legge come un certo establishment mediatico lanci una candidata più orientata a concentrarsi sui “nuovi” diritti che sul lavoro come una mossa per svuotare la candidatura di Jean-Luc Mélenchon più impegnato sui temi sociali. Al di là delle apparenze l’obiettivo – c’è chi si chiede – non potrebbe essere quello di organizzare una sinistra più propensa a votare Macron che ad astenersi, come la parte del popolo di sinistra più legato alle questioni del lavoro, sembra orientata a fare? Come la candidatura di Éric Zemmour alla fine è apparsa più mirata a portare al secondo turno la gollista Valérie Pécresse piuttosto che una Marine Le Pen destinata a perdere, simmetricamente lo sforzo di una abbastanza postideologica Taubira sarebbe la via per dare una mano al presidente in carica.
D’altra parte la partita in Europa pare sempre più giocarsi tra i “decostruttori” e i “nonostante tutto” democratici. I primi, come al fondo voleva Angela Macron, non vogliono un potere contendibile tra schieramento popolar-conservatore e liberal-socialdemocratico, ma cercano invece una via per gestire la guida dell’Unione europea e degli Stati chiave con un mix di tecnocrazia e consociativismo. I secondi hanno ancora fiducia nelle chance di una politica che si fondi anche su confronti alternativi non solo su convergenze pur indispensabili su tante questioni cruciali.