Non c’è solo gas e petrolio. Un altro ostacolo da superare per i Paesi dell’Ue è rappresentato dall’energia. Nello specifico, la Francia, prima produttrice continentale di energia nucleare, rischia di incappare in un inverno fatto di razionamenti. Le prime perplessità vennero già manifestate a fine agosto, dalla premier Elisabeth Borne, la quale parlò esplicitamente di “piani di moderazione” da applicare alle imprese, oltre che di preparazione “al razionamento di energia elettrica alle imprese”.
La crisi energetica francese
Al di là dei problemi interni di Parigi, però, il fenomeno è da tenere in considerazione, proprio perché si estenderebbe inesorabilmente anche all’Italia. Ad oggi, infatti, i cugini francesi importano nella nostra penisola il 5 per cento del fabbisogno energico complessivo, corrispondente al valore 6,7 Twh solo nel primo semestre del 2022. A partire dal conflitto tra Russia e Ucraina, la Francia è stata costretta ad una manutenzione della gran parte dei propri impianti nucleari nazionali. Su un totale di 56 centrali, ad oggi ne sono attive solamente 24: 20 sono bloccate per interventi di manutenzione, in un piano stilato dal governo dal 2022 al 2025; le restanti 12, invece, per problemi di corrosione.
Il dato fondamentale è che Parigi rappresenta la metà dell’energia elettrica totale prodotta dell’Europa. E se sommiamo la crisi energetica francese allo scenario esplosivo di gas e petrolio, ecco che può raffigurarsi un contesto ben più radioattivo rispetto a quello attuale. Non è un caso, infatti, che il gas sia la principale fonte che permette al nostro Paese di produrre oltre la metà dell’energia elettrica. Da qui, le soluzioni possono essere esclusivamente due: o utilizzare più gas, oppure riaprire le centrali a carbone. A ciò si aggiunge anche il gelo che l’Ue ha dovuto subire dagli Stati Uniti, i quali hanno dichiarato di non poter aiutare l’Occidente, sul tema dell’aumento delle proprie forniture di gas, e che abbiamo raccontato proprio ieri su nicolaporro.it.
Il fallimento della “solidarietà europea”
Nel frattempo, all’interno delle relazioni tra Francia ed Italia, si inserisce a gamba tesa anche la Germania. Berlino, infatti, avrebbe garantito all’Eliseo un aumento delle proprie esportazioni di energia elettrica, in cambio dell’arrivo di più gas. L’asse franco-tedesco sembra quindi travolgere quello che era il trattato franco-italiano, concluso poco meno di un anno fa al Quirinale. Quest’ultimo era volto a potenziare l’alleanza tra Parigi e Roma, con l’obiettivo di controbilanciare il dominio economico della Germania in Europa, oltre che a garantire un potenziamento della collaborazione industriale tra i due Stati.
Ancora una volta, quindi, siamo dinanzi al fallimento della “solidarietà europea”. Da una parte, la Francia taglia le proprie forniture di energia, a causa del tracollo della propria produzione; dall’altra, la Germania interviene per minare le relazioni tra l’Eliseo e Roma. Rimane l’ennesima dimostrazione di un’Europa divisa, frammentata, in cui ciascun Paese riconosce esclusivamente i propri interessi nazionali. Non è neanche un caso che Parigi stia optando per una rinazionalizzazione completa di Edf, il colosso francese principale produttore di energia elettrica dello Stato membro.
Insomma, pare che il libero mercato comunitario sia stato completamente sostituito da una pianificazione socialista nazionale, alla faccia dell’unione economica, della cooperazione rafforzata e della moneta comune. Tutti concetti rimasti sulla carta e che, almeno fino ad oggi, hanno trovato pochissima applicazione.
Matteo Milanesi, 17 settembre 2022