Difficile dire se si tratti o meno della famosa “legge del contrappasso”. Fatto sta che dopo David Parenzo, contestato duramente alla Sapienza, adesso tocca a un altro pezzo grosso della sinistra, Maurizio Molinari, direttore della Repubblica, diventare oggetto delle invettive degli studenti pro-Palestina. È finita l’era in cui a finire nel tritacarne dei collettivi rossi erano solo i vari Daniele Capezzone, i ministri Eugenia Roccella, “i fascisti”, “i fascisti”. Adesso pure l’esponente massimo del giornalismo di sinistra, timoniere dell’azienda culturale principe dei progressisti italiani, direttore del quotidiano che più di tutti ha difeso “gli studenti manganellati in piazza” a Pisa, si ritrova contestato dai contestatori di professione cui in un modo o nell’altro Rep ha spesso lisciato il pelo.
Molinari era stato invitato alla Federico II di Napoli dal rettore Matteo Lorito per discutere del “ruolo della cultura nel contesto di un Mediterraneo conteso”. Possiamo solo immaginare la noia mortale del dibattito, ma poco importa. Un gruppo di studenti ha dato il via ad una contestazione occupando “pacificamente” (cosa vorrà mai dire?) l’esterno dell’Aula magna Leopoldo Massimilla dove si sarebbe dovuto tenere il convegno. Lo slogan è sempre lo stesso, identico spiccicato a quello utilizzato per cacciare una ragazza di cortei dai “Non una di meno” e per attaccare chiunque non faccia il tifo per Hamas: “Fuori i sionisti dalle Università”.
“In Palestina sono 30.000 i morti ammazzati da Israele – spiegano gli studenti, che hanno srotolato uno striscione davanti all’ingresso dell’aula – Il direttore di Repubblica e il rettore Lorito come possono parlare di Mediterraneo mentre si consuma nel cuore dello stesso, un genocidio? Com’è possibile soprattutto invitare in questa situazione il direttore di una delle testate italiane dichiaratamente sioniste, la Repubblica?”. E poi il solito ritornello stantio che domanda agli Atenei di tutta Italia di interrompere qualsiasi rapporto con Israele.
Il meglio però arriva alla fine. Come il dessert. Nel corso della protesta, riporta il Mattino, ci sono stati momenti di tensione tra attivisti e agenti di polizia. “Alcuni sono stati bloccati mentre diversi studenti sono stati strattonati con l’invito a lasciare la sede universitaria”, riporta il quotidiano. Due annotazioni, anzi tre. La prima riguarda gli agenti, presi di mira da Repubblica un giorno sì e l’altro anche, messi sull’altare sacrificale per un paio di manganellate a Pisa e trasformati in una sorta di braccio armato della repressione (ricordiamo il titolo “Manganelli facili“): quando servono a garantire il dibattito a cui avrebbe dovuto partecipare Molinari, Rep non fa una piega (al momento, non c’è neppure un pezzo nell’edizione online). La seconda riguarda la libertà di espressione: molti da tempo denunciano la violenza e la deriva antidemocratica dei centri sociali che intendono imporre le proprie tesi impedendo agli altri di parlare, ma Repubblica non è stata mai tra chi ne denunciava la deriva liberticida. Infine, un piccolo dettaglio: a imbavagliare Molinari sono stati gli stessi attivisti che a metà febbraio avevano organizzato un presidio di fronte alla sede Rai per contestare la presunta “censura” contro Ghali. Gli attivisti schiacciarono gli agenti che reagirono con una carica di alleggerimento. Rep titolò: “Al sit-in per Gaza, cariche e feriti. Il Pd: Piantedosi deve chiarire”. Con foto strappalacrime di un manifestante insanguinato. Ora Molinari sa cosa significa trattare con certi soggetti.
Franco Lodige, 15 marzo 2024
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