Al termine del meeting virtuale di ieri del G7, dove alle 15 il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si è collegato anche con il leader ucraino Volodymyr Zelensky, sono sia i pro che i contro a far sorridere, ma allo stesso tempo a lasciare l’amaro in bocca a Kiev. Se da una parte, appunto, l’Occidente ha ribadito il fermo sostegno all’Ucraina, annunciando di voler applicare le sanzioni pure ai Paesi che sosterranno militarmente la Russia (Iran su tutti); dall’altra, vi è il secco no di Regno Unito e Usa sull’invio dei caccia F-16.
Una posizione che, per la prima volta, divide Washington da quello che è il suo principale alleato in Europa sul fronte ucraino: Varsavia. Ormai da settimane, infatti, il governo polacco è stato tra i primi a spendersi circa l’invio dei caccia a Kiev, aprendo alla possibilità che i soldati di Kiev potessero addestrarsi nel Paese. Eppure, Biden e Sunak sembrano voler andare ancora cauti, soprattutto dopo l‘invio di una dozzina di nuovi Leopard 2 da parte della Germania.
A ciò, si sono aggiunti i tentativi di Berlino e Parigi di intimare Zelensky ad avviare colloqui con Mosca, durante l’incontro avuto con il leader ucraino a febbraio. Lo riporta direttamente il Wall Street Journal, citando fonti informate, a cui si si sono affiancati i tentativi diplomatici della Cina, la quale ha presentato un piano di 12 punti che esplica la posizione di Pechino rispetto alla guerra in Ucraina. Caso particolare: all’interno del fascicolo non si parla mai di pace e non si condanna l’invasione compiuta da Vladimir Putin. Una scelta che fa della Cina uno Stato “equilibrista”, che da una parte non vuole farsi assolutamente trascinare nel conflitto – cassando anche qualsiasi ipotesi di invio di armi a Mosca – ma dall’altra non vuole rinunciare all’occhiolino strizzato direttamente dalla Federazione Russa.
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Tornando al punto centrale, però, gli Stati Uniti hanno annunciato altri 2 miliardi di dollari in “assistenza per la sicurezza” di Kiev: oltre alle armi, sono compresi le ricercatissime munizioni per il sistema missilistico di precisione Himar, proiettili di artiglieria da 155 mm, sistemi di droni, attrezzature per lo sminamento e finanziamenti per l’addestramento e la manutenzione del materiale. Eppure, i caccia rappresentano un limite invalicabile, insieme al nodo particolare dell’addestramento degli ucraini, che molti analisti stimano ad almeno un anno.
Insomma, gli Usa sembrano ribadire la posizione assunta da Biden lo scorso gennaio, quando appena fuori dalla Casa Bianca rispose con un secco “no” alla domanda se avrebbe accolto la richiesta di Zelensky sugli F-16. Un aiuto percepito dall’alleanza atlantica come il rischio definitivo che renderebbe Putin ancora più radioattivo