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Lerner, Damilano e Murgia: il nuovo “Giardino dei Giusti”

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Per Gad Lerner – anche se alla pasmina ha sostituito il loden – “la lotta continua”; per Marco Damilano il settimanale che dirige non è L’Espresso, ormai ridotto da storica testata a fogli A4, ma Propaganda Live che difende i più poveri dimenticando che a “Zoro” manca non solo una “R” per essere un “erroe”; per Michela Murgia ogni occasione è giusta – libri, libretti, radio, tv – per dimostrare che non importa che la Tua idea sia giusta quando basta la giusta idea.

I tre moschettieri delle (in)giustizie rappresentano il nuovo “giardino dei giusti” in carne e scherno:  se Il Giardino dei Giusti è “un giardino dedicato alle donne e gli uomini che in ogni tempo e in ogni luogo, hanno fatto del bene salvando vite umane, si sono battuti in favore dei diritti umani durante i genocidi e hanno difeso la dignità della persona rifiutando di piegarsi ai totalitarismi e alle discriminazioni tra esseri umani”, quello di Lerner, Murgia e Damilano è un giardino dove non occorre fare del Bene per essere dalla parte del Bene. Loro sono il Bene. Con la loro altezzosità – autoproclamata dalla moscia non solo erre e da una fisionomia che sembra rendere valide persino le teorie di Lombroso – si dibattono da un canale e l’altro, tra un media e l’altro, con la stessa simpatia di un’anguilla nel retino di un pescatore che al posto di un pesce si trova una bottiglia di plastica.

Più che nuotare controcorrente, sono abilissimi nel galleggiare controcorrente: come quei bagnanti che scorgiamo dalla riva affannarsi nello stile libero senza capire che non si gira la testa a destra e sinistra ma solo da una parte. Invece i tre moschettieri del Nulla affidano ai toni di voce sempre pacati a denti che digrignano e che sembrano masticare sabbia, talmente sono trattenuti nel non lasciarsi andare. Sono i toni di chi ha sempre ragione, anche se ragione non ha.

Gad Lerner appena lo si nomina alza la mano come un arbitro in tribuna per gridare subito al “rigore” dell’antisemitismo. Sono ormai decenni che condanna chiunque lo contraddica come “odiatore di ebrei” quando, con tutti gli articoli che ha fatto zampettando da un giornale all’altro sempre per questioni di soldi (si veda la sua lite con La Repubblica: più che “se questo è un uomo” dovrebbe scrivere “se questo è un conto corrente”) avrebbe potuto magari alzare ditino e vocina per proporre una legge che condanna come reato gravissimo l’antisemitismo.

Ma se venissero inasperite le pene, che senso avrebbe di esistere? Perché Lerner è un sopravvissuto all’Olocausto non nazista ma delle ideologie del ’68, tanto che all’eskimo ha sempre preferito il velluto. Insomma un urlatore a vanvera che se non si chiamasse Gad Lerner ma Mario Bianchi non avrebbe ragione di esistere.  Quindi, caro Gad Lerner, perché al posto di gridare sempre all’antisemitismo non propone una legge che, come quella che vieta il saluto fascista, inasprisce le condanne per chi insulta gli ebrei.

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