Massimo Galli l’ha annunciato qualche giorno fa: due settimane di quarantena per “studiare” e “tenere lezioni”. Era ora. Anche perché i nostri televirologi cento ne dicono e una ne azzeccano: meglio parlare di meno e con più cognizione di causa. Uno degli esempi più clamorosi sono stati gli allarmi sull’adunata dei tifosi interisti nel capoluogo lombardo: a quanto pare, non è stato registrato alcun aumento dei contagi significativo a Milano.
Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive, già annunciava che quell'”errore gravissimo” sarebbe costato “qualche vita umana”. Francesco Menichetti, primario dell’ospedale di Pisa, addirittura scherzava sul doppio significato, sportivo e medico, della parola “tifo”. E invece… D’altronde, quando Mario Draghi aveva deciso di avviare il (lento) cronoprogramma per le riaperture, dal 26 aprile, Galli aveva parlato di “rischio calcolato male”, mentre Andrea Crisanti era uno di quelli che definiva le riaperture “una stupidaggine totale”. L’ex pupillo di Luca Zaia, poi entrato in rotta di collisione con i vertici della Regione Veneto, paventava una quarta ondata a fine maggio: vedremo.
Il punto vero è un altro. Da un lato, è giusto che certi urlatori televisivi si mettano in lockdown da soli, dopo aver diffuso il panico urbi et orbi, ai limiti del procurato allarme. Dall’altro lato, però, sarebbe bello se, anziché ritrovarceli di nuovo a pontificare tra qualche settimana, Galli, Crisanti e altri loro colleghi molto loquaci, chiedessero scusa per i loro errori e per i reiterati attacchi nei confronti dei cittadini, per le uscite non richieste sull’allentamento dei divieti che non deve essere un “liberi tutti” (ci serve il permesso del medico per vivere?), oltre che per i fatturati bruciati, anche a causa dell’inutile coprifuoco per il quale costoro hanno continuato a spingere. Perché sbagliare è lecito, perseverare è diabolico, ma far finta di niente è proprio da satanassi…