Virologi super star

“Gallipedia”, l’autoagiografia del televirologo Galli

Dopo Pregliasco, Viola e Burioni, si allunga la lista dei viro-star in libreria

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Virologo è una parola allegra. Fino a un paio d’anni fa poteva suggerire, magari, qualche preoccupante dottor Stranamore che nell’oscurità del suo tetro laboratorio progettava inquietanti pozioni sulla nostra pelle. Adesso è sinonimo di fregnacciaro, vanitoso, però divertente, tipo l’omino pelato coi baffi che nei film di Stanlio e Ollio arriva introdotto da frizzantine note di piano. Poi ci mettono del loro: capaci di vaticini regolarmente sballati – “a marzo duecentomila morti al giorno”, “la diciottesima dose ci proteggerà per quindicimila anni, no, volevo dire per 15 giorni”, roba così.

Virologo all’italiana

Siccome il virologo all’italiana vale, alla prova dei fatti poco meno di una risata, e la comunità scientifica internazionale lo sa, e lo mette con indici di credibilità imbarazzanti, lo hanno messo in passerella, in televisione, a indossare completi, a discettare di geostrategia, di sesso, di riscaldamento globale, di presidenti della Repubblica, di pallone e di politica, la vera passione di tutti questi caratteristi. La mamma del virologo è sempre incinta, e si chiama Greta. E ogni giorno ha la sua pena, sottoforma di virologo mutaforma; ci mettono del loro, si scazzano per questioni ad alto tasso scientifico, così che di tutti loro si ricorda fortemente la faccia, come Severino Cicerchia con Artemio, il ragazzo di campagna.

Più che un libro, un’autoagiografia

Questioni di epocale urgenza, divergenze parallele che ricordano la cena dei fisici quantistici al 5° congresso Solvay del 1927: per un Pregliasco, ce ne siamo già occupati, che, sull’onda di PolPot, a destra squilla che vorrebbe vietare la cravatta “perché fa venire il Covid” (l’ha detto davvero), c’è un Galli che da estrema sinistra risquilla: “Io ne ho centinaia, me le mettevo già ai tempi del Movimento”, con Capanna, Gino Strada e tutti quei luminari là. “Avevamo un ego che riempiva le manifestazioni da solo”, e figurati un po’ quanto stavano stretti. Epopee di eroi: Massimo Galli, quello di cui si ricorda fortemente la faccia, sempre più somigliante a Danny de Vito, si è fatto anche lui l’autoagiografia dall’alto delle sue profezie clamorosamente ciccate, cosa che non gli ha mai creato alcun problema: “Meglio, se mi sono sbagliato, conviene essere catastrofisti piuttosto che superficiali”. Lui, modestamente, ci ha l’ego. E il suo autolibro lo ha chiamato “Gallipedia”, forse a significare che il contenuto è attendibile tanto quanto Wikipedia, l’enciclopedia popolare dove ciascuno può mettere le gag che gli pare.

Due anni di profezie… sbagliate

Già il lancio pubblicitario, su Twitter, è tutto un capolavoro: “Il titolo l’ha scelto la mia Coautrice (sic), Lorella Bertoglio, alla grande pazienza, capacità e determinazione della quale devo aver completato l’impresa”. “’Un ho capito un cazzo!”, bofonchierebbe arrotando i coltelli Giovannone, il sottocuoco che aveva ingallato la figlia del Mascetti (“sparecchiavo…”). Coerente, chi lo nega? Sono due anni che gli italiani un capiscono un cazzo quando Hully Galli apre bocca. Come quando annunciava che al reparto da lui diretto, al Sacco di Milano, c’era il sold out di ricoveri d’intensiva (variante inglese) e l’ospedale stesso si sollevò come per un terremoto: ma che stai a dire, ‘a luminare?

Ma Galli, studente prodigio di Medicina, specializzazione Katanga, a sinistra del partito comunista cinese, proseguiva la lunga marcia da Lilli Gruber: “Quel che abbiamo ora è un ottimo vaccino per un virus che girava un anno fa in Cina. Il panorama attualmente si è molto variegato e questo rende difficile poter pensare con l’attuale vaccino di raggiungere l’immunità di gregge. Il lavoro pubblicato sul NEJM del 5 maggio dice che il vaccino Pfizer ha il 97% di efficacia per evitare cimitero, rianimazione e ospedale per qualsiasi variante [ma] se consideriamo l’infezione con la variante sudafricana la percentuale di efficacia è molto inferiore. La domanda è: con questo vaccino otteniamo l’immunità di gregge, riusciamo a non far circolare il virus? La risposta è probabilmente no”.

L’ego smisurato del viro-star

Poi dice Giovannone. La variante sudafricana in Sudafrica è passata come uno starnuto, senza vaccini, senza quarantene, e tutti vissero felici e contenti. Qui abbiamo tragediato come scemi, e c’erano i soliti, senza fare nome Speranza, Ricciardi, e gli allegri virologi, che volevano inchiavardare l’Italia ‘n’altra volta. Ma è sempre lo stesso Gallipede che, alla voce “conflitto russo-ucraino”, se la sbrigava come segue: “Problemi che vengono da lontano in un quadro politico generale”. Max Galli: what else? E così, all’insegna della meritocrazia all’italiana, fioccano le interviste, siccome ormai noi giornalisti siamo dei marchettari omnibus, hai voglia a fare le verginelle ricucite. Dall’Ansa, agenzia che riprende i lanci delle agenzie di comunicazione, apprendiamo che il nostro Ulisse del morbo è stato “Scelto da molti (sic!) come punto di riferimento per la coerenza e la credibilità dimostrata nello ‘spiegare’ i comportamenti del virus, ma anche accusato di essere catastrofista”.

Oggi le comiche. Quanto alla Bertoglio, “è proboviro di Unamsi, l’Unione Italiana dei giornalisti Medico Scientifici”. Forse doveva probovirare un po’ meglio, e magari proibire quest’altro spreco di carta. Ma, si sa, se uno ci ha l’ego, non ci può fare niente. E poi, oh, il libro l’hanno fatto quegli usurpatori di Burioni, Bassetti, la Capua, la Viola, tutti hanno fatto il libro, il virologo s’è preso il virus del grafomane, e io posso essere da meno? Io che vengo da un passato barricadero, che sono rimasto sessantottino dentro, che combatto i virus come il capitalismo, a colpi di katangate verbali? Eccolo qua il “Gallipedia”: e chi non lo legge è un reazionario, un capitalista, un invidioso, uno spiantato, un morto di fame. Anzi, un morto di morbo.

Max Del Papa, 16 aprile 2022

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