«Se la soluzione alla crisi è il tetto al prezzo del gas, mettiamo un limite anche al prezzo delle Ferrari. Governo Meloni? Presto per giudicare». Intervista a cura di Giulia Gazzaniga per La Verità del 10 ottobre 2022.
Per molti – i video viaggiano tra le 15.000 e le 25.000 visualizzazioni al giorno – la sua rassegna stampa, e cioè la «Zuppa», è quasi una religione. Di nemici ne ha forse altrettanti, «ma ho smesso di occuparmene. Brutto segno: sto invecchiando». Nicola Porro vive tra Roma e Milano. Sveglia presto, gli aggiornamenti del suo sito e gli impegni per Quarta Repubblica su Rete 4, al lunedì, oltre che la vicedirezione del Giornale e l’organizzazione di incontri dal vivo con il titolo «La ripartenza», «presto a Milano». Stanco forse mai, feroce sempre, ci sono più cose che gli fanno perdere la brocca, ma sul finale dell’intervista ne abbiamo scelte un paio.
Elezioni archiviate, governo tutto da fare: un sondaggio dell’altro ieri dice che gli italiani credono il governo cadrà prima dei 5 anni.
«E chi lo dice?».
Ilvo Diamanti, su Repubblica.
«Ah, beh, l’aderenza tra realtà e quel che scrive Repubblica è quella di un disegnatore di Gotham City. Per dirne solo una, è il giornale che in campagna elettorale ci ha detto che i partiti italiani prendevano soldi dalla Russia, peccato non fosse vero».
Quindi avremo un governo solido?
«Il punto è che le urne hanno sancito che finalmente c’è una coalizione al governo, a cui attribuire responsabilità per quanto fatto o non fatto. Saranno in grado? Si vedrà. Se se la giocheranno bene, magari verranno premiati con cinque anni in più, altrimenti vincerà qualcun altro».
Sono giorni di «ingerenza» dall’estero. C’è il ministro francese Boone che parla di una sorveglianza sul rispetto di diritti e libertà…
«Ma se un governo ancora non c’è, di cosa si preoccupano?».
E ci sono pure gli eurodeputati del Ppe che chiedono a Manfred Weber che Berlusconi molli gli alleati. Persino il quotidiano tedesco Faz, però, riconosceva che attribuire a Meloni l’apologia dell’Olocausto è un po’ esagerato…
«All’estero poco sanno o comprendono dell’Italia. Se non che abbiamo avuto un governo dopo l’altro e di tutti i colori e di tutti i tipi. Il vero tema è purtroppo che da sempre siamo abituati a risolvere le nostre questioni interne sputtanandoci all’estero, è più forte di noi».
Ci vedono poco credibili?
«Sono stato di recente a Parigi e Londra e mi spiace dirlo: i peggiori sono i nostri expat. L’italiano nel ritratto che ci fanno fuori confine o lavora nei ristoranti o non fa niente. Basti dire che in Francia l’espatriato più importante è Enrico Letta, che non devo poi aggiungere altro, no? Proprio i francesi che ci vengono a dare una lezioncina di democrazia dopo aver accolto i terroristi una barzelletta».
Maria Giovanna Maglie ha detto che la narrazione di una Giorgia Meloni che vuol rassicurare l’Europa è falsa.
«Tutto prematuro, troppo prematuro. Meloni ha vinto per sottrazione: non ha partecipato alla bagarre e neanche ha parlato. Meno fa, più vince. Vogliamo lasciare il tempo e aspettare, e vedere quale sarà lo stile del suo esecutivo? Manco c’è stata una conferenza stampa, dai Avessi dovuto giudicare il governo Draghi dal ministro Di Maio avrei dovuto definirlo il governo dei peggiori, no?».
Il toto-nomine riempie le pagine dei giornali.
«La storia di Fabio Panetta è straordinaria: avvistato a una festa dove c’era pure la Meloni, qualcuno comincia a dire che è corteggiato, poi viene considerato come un problema per il centrodestra, ora ci dicono che ha rifiutato».
Se ne parla molto…
«Tutto inventato. Si conoscono? Sì. Si saranno parlati? Può essere. Il resto è un film dei retroscenisti».
Chi guiderà l’Economia però non è un tema da poco.
«Perché, il ministro Daniele Franco ha una sua propria esistenza? No, è il secondo nome di Mario Draghi. Vogliamo dire che le riforme nascono dai ministri? Chi guida il dicastero è un contabile».
Quindi al Mef Nicola Porro ci metterebbe…
«Chiunque. Un politico, anche, sì, perché no. Ma pure l’usciere di Palazzo Chigi».
Decide l’Europa?
«Un po’ conta l’Europa, ma pure le scelte politiche».
Ad ascoltare gli spifferi, sembra che gli alleati del centrodestra stiano mettendo la leader di Fdi sotto assedio per queste nomine.
«Come tutti i rinnovi parlamentari, siamo al sudoku. Risarcimenti, operazioni varie, posizionamenti Al centrodestra è venuto un certo appetito, nel tornare a governare. Ma secondo me è il collante che li renderà uniti».
Non può essere che se non si accontentano Lega e Forza Italia, si rischierà al Senato?
«Le vere nomine sono tra qualche mese e sono quelle delle partecipate. Che hanno un ruolo sempre maggiore in questo Paese ormai neostatalista. Persone che formeranno un sottogoverno, e che sono il motivo per cui il Pd a votare non voleva andarci. Oggi il piatto l’ha preso tutto il centrodestra».
Giorgia stai serena, gli alleati non ti tradiranno mai?
«Mah, la cretinaggine della nostra classe politica ormai mi ha abituato a tutto. Fibrillazioni in Senato non si possono escludere, d’altra parte per uno che va ce n’è uno che arriva Draghi – e non si è sottolineato abbastanza – è caduto per un’operazione smaccatamente di Palazzo».
Buona l’idea di un ministero per la Natalità?
«Mi interessa poco. Dico solo – pure se il 90% delle persone che conosco si arrabbierà – che Matteo Salvini è stato il miglior ministro degli Interni con Marco Minniti».
Ma sembra che non tornerà al Viminale…
«Sì, però io guardo ai numeri: ha ridotto i flussi degli immigrati irregolari, e scriviamola chiara questa parola “ir-re-go-la-ri” per favore. Se poi vogliamo giudicare un ministro dalle favolette dei tavolini del bar del Pigneto, o da Instagram, si faccia. Un Parlamento di cialtroni l’ha mandato a giudizio, con ipocrisia, per sequestro di persona: incredibile».
L’autunno sarà davvero caldo?
«Lo sarebbe stato comunque, viste le bollette. C’è ancora chi pensa che la soluzione sia il tetto al prezzo del gas. Anche io vorrei un tetto al prezzo delle Ferrari, sa? Pochissimi si rendono conto dell’imbecillimento collettivo».
Chi si salva?
«Paolo Scaroni, Franco Bernabé e Davide Tabarelli di Nomisma. Abbiamo perso un anno».
Sanzioni sì, sanzioni no?
«La mia è la posizione di Antonio Martino, semplicemente liberale».
Sul quale stai scrivendo un libro, giusto? È scomparso in marzo.
«Sì, uscirà a novembre. Sulle sanzioni a me vien da ridere: siamo qui a lambiccarci sui pacchetti e nel frattempo gli Usa allentano quelle al Venezuela di Maduro, che è una dittatura comunista. Lo fanno perché l’Opec taglia sul petrolio. Noi dipendiamo dal gas russo e le inaspriamo. E il primo che viene a dire che questo è un ragionamento putiniano è un cretino».
Intanto accenderemo il riscaldamento più tardi e lo spegneremo prima.
«Come con il Covid: gli ospedali non funzionavano, la gente non doveva uscire di casa. La politica non è in grado, i cittadini devono fare sacrifici. Non abbiamo una indipendenza energetica, imponiamo una misura velleitaria e incontrollabile».
Obbedire o disobbedire?
«A differenza del lockdown, questa volta me ne frego e mi metterò il piumino in casa, al massimo. Ma il problema non è la regola: accenderò dopo per risparmiare».
La minaccia di Putin fa paura?
«Non ho in mano tutti gli elementi ma temo che il rischio del nucleare non sia completamente campato in aria. Non sono sereno».
Da un rapido sondaggio tra alcuni fan della Zuppa so che due sono le cose da non nominare mai a Nicola Porro. La prima è l’«Agenda Draghi».
«Una cosa pazzesca, come il Libro rosso di Borsellino. Non ho ancora capito cosa sia. È quella cosa che a un certo punto l’informazione crea dal nulla, una sorta di mito. Un po’ come Rula Jebreal, o Elodie».
Per la Jebreal, Porro è l’uomo bianco sessista.
«Una vera paladina delle donne che non sbaglia mai un fidanzato. Ma prendiamo Elodie, che mi piace moltissimo».
Per le canzoni?
«Sì, ed è pure bellissima. Ma è un’Agenda Draghi: il frutto della capacità della sinistra di rendere straordinarie cose che altrimenti sarebbero dimenticate. Adoro Elodie, ma farne il simbolo della resistenza democratica è davvero troppo».
La sinistra perde perché fa con il politicamente corretto una «insopportabile ortopedia dell’anima» e reprime? Definizione di Emanuele Trevi.
«Non credo sia un problema di linguaggio, ma di sostanza. Non sono mai stato di sinistra, quindi non so cosa dovrebbero fare, ma so che il Pd vince in centro a Milano, l’unico luogo forse al mondo dove non possono circolare le macchine dei poveri».
Beppe Sala vieta la circolazione alle cosiddette auto inquinanti per l’ampia «area B» della città.
«Certo, perché tutti possono permettersi macchine elettriche da 35-40.000 euro, no?».
Forse dovevo includere il sindaco di Milano tra gli spunti per una arrabbiatura alla Porro. Ma c’è pure il «borsello», la borsa degli uomini.
«Borsello e ciabatte in plastica dell’Adidas non si possono accettare: se te li metti, non puoi parlare. Ma mi stanno persino facendo rivalutare i “maranza” (coatti a Roma, ndr): comincio a preferirli alle sciure in bicicletta in centro a Milano».
Celebre sui social il tuo «se volete ancora le mascherine vi meritate un mondo comandato dal borsello e da Burioni». A proposito di Covid, i contagi crescono…
«Ma non ripartirà l’isteria con la quale abbiamo gestito la cosa fino a oggi, no. Con tutti i miliardi spesi – e sono soldi nostri, non infiniti – abbiamo fatto una roba che tra 10 anni quando la racconteremo la riterremo tutti finalmente assurda».