Sarà domani la giornata decisiva per la fissazione di un tetto massimo al prezzo del gas importato dall’Ue. Fra poche ore, infatti, la Commissione Europea presenterà la sua proposta legislativa, che verrà posta al voto del Consiglio Europeo – l’ultimo per il governo Draghi – tra giovedì e venerdì di questa settimana.
Il nodo price cap
Superati gli scogli dell’Olanda e, soprattutto, della Germania – la quale ha da sempre un rapporto privilegiato con Gazprom, che garantiva le forniture russe a prezzi inferiori rispetto agli altri Paesi – Ursula Von Der Leyen ha già anticipato i contenuti essenziali del nuovo price cap: si tratterà di un tetto massimo dinamico e per la durata di soli tre mesi. Ciò, secondo i vertici di Bruxelles, garantirebbe “a evitare l’estrema volatilità e gli aumenti dei prezzi, nonché speculazioni che potrebbero portare a difficoltà nella fornitura di gas naturale ad alcuni Stati membri”. L’obiettivo sarebbe quello di “assicurare un meccanismo di formazione dei prezzi più solido”, con un valore dinamico, capace di fluttuare per un massimo del 5 per cento.
La proposta sarebbe il risultato di una soluzione mediata da parte della Commissione. Da un parte, lo schieramento duro e puro – di cui l’Italia ne era fondatrice – che richiedeva la fissazione di un tetto su tutte le importazioni di metano del continente; dall’altra, l’orientamento contrario al price cap e capeggiato dall’Est Europa e da Berlino, che rappresentava il vero ostacolo in sede di votazione europea. A ciò, Von Der Leyen presenterà una soluzione mediata, terza, intermedia, con un “soft price” rispetto a quelle che erano le proposte più radicali.
Il dilemma Algeria
Eppure, un conto è trovare una soluzione concordata da tutti i 27; un altro è determinare se la misura sia efficace. Anche se le forniture di Mosca sono state quasi azzerate dall’Italia, ormai pari a meno del 2 per cento, il nostro principale fornitore di gas, l’Algeria, ha già dichiarato il proprio malcontento per la fissazione di un prezzo massimo sulle proprie esportazioni. Una dichiarazione intercorsa nelle scorse settimane, ma che potrebbe essere un monito di un prossimo incidente diplomatico.
Negli ultimi mesi, infatti, Roma ha goduto di ottime relazioni con il governo di Algeri; ma l’adozione di price cap, seppur soft, non sarebbe visto di buon grado dall’alleato, che potrebbe decidere di limitare o addirittura sospendere le proprie forniture, se il prezzo non venisse stabilito dallo Stato africano.
I dubbi sul tetto massimo
Insomma, il presentato rimedio del tetto massimo potrebbe rivelarsi una doppia spada di Damocle, soprattutto per il nostro Paese. Da una parte, rischierebbe di alterare la nostra geopolitica e le nostre relazioni nel Mediterraneo; dall’altra, non solo non ridurrebbe i prezzi del gas, ma rischierebbe, nei fatti, di portare ad una radicale riduzione delle importazioni europee. Da ciò, vi sarebbe il concreto pericolo di rimanere a mani vuote, o con forniture inferiori rispetto alle esigenze della popolazione.
Pare evidente, quindi, che la proposta della Commissione sia solo una pezza, volta a riparare il buco nel breve termine, ma non ad affrontarlo sul medio-lungo periodo. Cosa succederà dopo il decorso dei tre mesi di validità del price cap? Gli alleati continueranno a garantire le stesse esportazioni di gas? I prezzi rimarranno stabili o – com’è molto probabile – ritorneranno a salire? Sono tutte domande che l’Ue sta cercando di nascondere sotto il tappeto, ma su cui, prima o poi, se ne dovrà dar conto.
Matteo Milanesi, 17 ottobre 2022