In un’intervista a La Stampa, il consulente e analista Gianclaudio Torlizzi parla chiaro: la guerra energetica e quella commerciale, con le sanzioni alla Russia, sono ormai perse. Il prossimo inverno il peggio deve ancora venire. Secondo il fondatore e chief macro strategist della T-Commodity srl (società di consulenza su economia globale, affari europei e materie prime) “serve un piano europeo di razionamento del gas, nell’immediato non c’è altro da fare che limitare i danni”. Altrimenti non riusciremo a reggere i continui aumenti del prezioso combustibile.
La strategia, secondo Torlizzi, sarebbe questa: “Vanno fermati i settori energivori non strategici, garantendo poi indennizzi, e obbligare i cittadini a ridurre i consumi”. Altrimenti si rischia di restare con riserve minime in inverno. “Serviranno due-tre anni prima che gli accordi con i nuovi fornitori diano benefici”. Secondo il ministro Cingolani le riserve di gas basteranno. Ma i segnali attuali non sono positivi: Nord Stream 1 sta fornendo solo un magro 20% della sua capacità e a fine mese Gazprom chiuderà del tutto i flussi per almeno tre giorni. Inoltre va considerato che il mercato energetico è europeo e quindi anche se l’Italia, per assurdo, andasse in surplus, dovrebbe poi ridistribuire il gas in eccesso. “Del resto se il prezzo continua a salire, significa che il mercato ha chiaro che le dinamiche resteranno sfavorevoli“, spiega Torlizzi. “I mercati sanno che i governi hanno paura di fare quel che serve: il razionamento dei consumi. E lo fanno pagare”.
Insomma: sembra che l’Occidente abbia perso la “guerra del gas” e delle sanzioni ingaggiata contro Putin nel mezzo dell’invasione dell’Ucraina. “Il mercato dell’energia era già in grossa sofferenza prima della guerra e non era in grado di sostenere un nuovo shock – spiega l’analista – Le sanzioni sono state un’illusione, così come lo è ora immaginare di risolvere trattando con Putin”. Il prezzo del gas non tornerà ai 20 Euro al megawattora come prima della guerra in Ucraina (adesso è ben oltre i 250 Euro/Mwh), neppure sedendosi al tavolo con lo zar. Secondo l’analista questo è solo un “whishful thinking“. La giusta strategia deve prevedere un coordinamento delle politiche energetiche tra Europa e Usa. “Il problema era e resta la bassa produzione: servono infrastrutture, rigassificatori, nuove estrazioni”.
E le tanto osannate energie verdi? “Il Green Deal europeo è stato un atto ideologico e dirigista“, spiega Torlizzi. Le energie alternative non sono ancora in grado di sostituire le fonti fossili. L’emergenza del cambiamento climatico coinvolge processi lunghissimi, “è assurdo pensare di risolvere così”. L’impatto sull’ambiente è molto limitato. “E intanto che l’Europa è cosi zelante benché produca meno del 10% delle emissioni, il resto del mondo va in un’altra direzione”.
Andrea Gebbia, 21 agosto 2022