Gas, quello che non vi dicono: le 6 fregature del price cap

Il meccanismo del tetto al prezzo del gas è una successione di supercazzole

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Si sarebbe potuta cercare una soluzione vera, intervenendo sui meccanismi di funzionamento dei mercati interni del gas e dell’elettricità. Ma il governo Meloni ha preferito non scontentare chi in Italia, ormai da due decenni, specula liberamente sui prezzi dell’energia. Ha invece sposato acriticamente la posizione assunta mesi fa dal governo Draghi: è l’Unione Europea che deve porre un limite all’aumento del prezzo del gas (e quindi dell’elettricità, che in Italia è prodotta per il 45% con il gas). E così, la (non)soluzione del “price cap” approvata dalla Commissione Europea dopo mesi di indecisioni e contrasti (Austria e Olanda si sono astenute e l’Ungheria ha votato contro) è stata presentata alla pubblica opinione nazionale come “il trionfo della posizione dell’Italia”. Un “trionfo” che non servirà a porre gli italiani al riparo dagli aumenti ma che, in compenso, lascia intatti gli interessi di chi specula sull’energia.

Se si tenta di approfondire (capire sarebbe troppo…) il meccanismo di funzionamento del price cap introdotto dall’Ue ci si trova di fronte ad una applicazione magistrale della supercazzola di tognazziana memoria, per la prima volta in edizione multilivello.

Supercazzola di primo livello. L’Ue ha introdotto un price cap sul prezzo del gas naturale a 180 euro/MWh. Chi sa un po’ d’inglese pensa che si tratti di un prezzo che non dovrà essere superato. Invece no: è un prezzo che deve essere necessariamente superato. Infatti, il meccanismo di controllo del prezzo del gas scatta solo se la quotazione del gas TTF alla borsa di Amsterdam supera il price cap per almeno tre giorni lavorativi consecutivi.

Per approfondire

In tal caso, entra in gioco la supercazzola di secondo livello. Superato per tre giorni il price cap, il prezzo del gas deve essere confrontato anche con il prezzo del gas naturale liquefatto (GNL): quello che non arriva via tubo ma via nave, e che dovrebbe costare meno (ma non è detto che sia così) di quello che arriva via tubo.

Se la quotazione del gas TTF (via tubo) alla borsa di Amsterdam supera di 35 euro/MWh anche il prezzo del GNL (per tre giorni lavorativi consecutivi), allora scatta il cosiddetto “limite di offerta dinamica”, ovvero la supercazzola di terzo livello.

Una volta che si siano verificati contemporaneamente i due sforamenti del prezzo del gas (sopra i 180 €/MWh e 35 €/MWh sopra il prezzo del GNL) gli operatori del mercato (ovvero chi vende o compra gas in borsa) sono obbligati a concludere ogni transazione ad un prezzo superiore al price cap ma inferiore ad un “limite di offerta dinamica” pari al price cap più 35 €/MWh. Quest’obbligo permane per almeno 30 giorni lavorativi ma si disattiva automaticamente se il prezzo TTF del gas torna (per tre giorni lavorativi consecutivi) sotto il livello di 180 €/MWh.

In particolare, una volta entrati nel limite di offerta dinamica, possono accadere due cose: 1) il prezzo del gas scende sotto i 180€/MWh entro i 30 giorni lavorativi, oppure 2) il prezzo del gas resta sopra i 180 €/MWh per più di 30 giorni lavorativi. Nel primo caso il sistema torna ai normali meccanismi di contrattazione. Nel secondo caso (supercazzola di quarto livello) l’Ue prende atto della situazione e sposta il price cap e il limite di offerta dinamica ai nuovi livelli di prezzo imposti dall’offerta.

Per approfondire

Esiste infine la possibilità che, durante il regime di prezzi “bloccati” (si fa per dire), chi fornisce il gas, non trovando remunerativo il limite di offerta dinamica, cessi di vendere il gas ai paesi dell’UE (ovvero, interrompa le forniture) e lo dirotti verso i mercati non regolati. Il meccanismo ideato per gestire quest’ultima eventualità è la quinta supercazzola, la più divertente: se durante i 30 giorni del regime controllato si verifica un’interruzione delle forniture, chi ha bisogno di gas naturale può acquistarlo a valere sugli stoccaggi dei paesi Ue. Ma per prevenire l’interruzione delle forniture l’Ue si riserva la possibilità di disattivare immediatamente il price cap e il limite di offerta dinamica: abbiamo scherzato; amici come prima…

Non manca, infine, la supercazzola di sesto livello. Il price cap e il limite di offerta dinamica si applicano solo alle transazioni concluse attraverso le borse del gas; non si applicano alle transazioni effettuate al di fuori delle borse; modalità, quest’ultima, che normalmente interessa circa il 40% del gas acquistato nei paesi dell’Ue. Il price cap non può inoltre valere per i contratti già stipulati, che ovviamente non lo prevedono. A tale proposito, occorre ricordare che quasi tutti i contratti di fornitura di gas oggi attivi in tutta Europa sono stati stipulati negli anni scorsi con durata pluridecennale: oltre l’85% dei contratti di fornitura oggi attivi nei paesi europei ha un orizzonte temporale di fornitura che va dai 5 ai 35 anni.

La conclusione evidente è che il meccanismo introdotto dalla Commissione Europea non può funzionare e che, anche qualora funzioni, 1) non è in grado di limitare efficacemente i prezzi e 2) espone li paesi europei a rischi concreti di interruzione delle forniture. Un vero trionfo, non c’è che dire.

Ugo Spezia, 26 dicembre 2022

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