“Biden e Netanyahu non sono sempre in sintonia su tutte le questioni. Usa e Israele sono amici ma non devono essere d’accordo su ogni singola parola”: queste le parole del portavoce del consiglio di sicurezza nazionale John Kirby in un briefing. Dichiarazioni che testimoniano il clima di alta tensione tra Washington e Tel Aviv ad un mese dallo scoppio del conflitto con Hamas. Il sostegno statunitense non è in discussione, ma la linea del primo ministro israeliano – per usare un eufemismo – non è apprezzata. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la conferma della volontà di Netanyahu di prolungare la presenza militare israeliana a Gaza anche dopo la fine della guerra, non solo nel nord.
Anche negli ultimi giorni, Biden ha stroncato l’ipotesi di occupare militarmente la Striscia una volta sconfitti i miliziani di Hamas. La mente torna al 2005, uno scenario da evitare come la peste. Ma Netanyahu non sembra intenzionato a seguire le indicazioni di Washington: “La responsabilità della sicurezza nella Striscia resterà nelle nostre mani per un periodo indefinito, perché abbiamo visto cosa succede quando non ce l’abbiamo”. Ma questo non è l’unico dossier ad arroventare la situazione.
Un altro tema che divide profondamente Israele e Stati Uniti è la tregua umanitaria. Nonostante il pressing di Washington, Netanyahu non ha spostato di un millimetro la sua posizione: niente pause, niente cessate il fuoco senza prima il rilascio degli ostaggi rapiti lo scorso 7 ottobre. Un rifiuto stigmatizzato dal portavoce del Dipartimento di Stato: “Gli Stati Uniti si oppongono alla rioccupazione di Gaza da parte di Israele. E non sostengono nessun trasferimento forzato di palestinesi fuori da Gaza”. La posizione del premier israeliano è stata interpretata come uno schiaffo alla Casa Bianca, tanto da rischiare di incrinare definitivamente i rapporti con Biden, alle prese con parecchie critiche dal fronte interno per l’incapacità di incidere sulla crisi. Non è possibile escludere una frattura nel corso dei prossimi giorni: gli esperti non escludono alcuna soluzione, nemmeno quella di un possibile passo indietro degli States.
Massimo Balsamo, 8 novembre 2023