Cronaca

Robe da pazzi

Generazione maranza: il Corriere difende chi terrorizza Milano

Ogni giorno ha la sua pena e tu daccela la nostra pena, tu Dio delle città e delle immensità dacci oggi la nostra cazzata quotidiana sul nostro quotidiano mainstream, organo del woke che ormai s’è venduto ogni decenza, ogni intelligenza “a buon prezzo, si sa” o almeno speriamo, perché svendersela per un piatto di fagioli sarebbe peggio. Diciamo quel modo di fare informazione sull’inconsistente, ma demenziale, che Unione Europea comanda, coi birignao del caso, “i giovani non scopano, i giovani hanno l’ansia da prestazione”, i giovani se trombano lo fanno come l’Uomo Ragno che però non è uomo, è un celenterato, e passano da un’ansia climatica a una tendina a una percezione bucaiola a una pulsione criminal-stilistica.

Ma vedi un po’ se il Corriere, un tempo, molto tempo fa, principale organo della borghesia mercadora milanese e nazionale deve perdere tempo in un servizio, non si capisce se spontaneo o richiesto e da chi, sulla Generazione Maranza che sarebbero i balordi mezzi Marocco e mezzi Zanza che invadono i Navigli e taccheggiano e scippano “chi per sfida e chi per necessità”, quale sfida, quale necessità di nuovo non si capisce, posto che “a 35 gradi stanno chiusi in tute acetate”, ma griffate, costosissime, avute rapinando o saccheggiando quelle di altri pirla, maranza, non maranza, comunque che sudano dentro le tute.

Abbiamo bisogno di roba così, di un epos così? Ma il Corriere cita Vogue, che ne ha parlato per prima, e la puzza di sudore e di sinergie si fa asfissiante; naturalmente condita dalla sociologia d’accatto e da raccatto del mainstream giornalistico, le periferie, il disagio, “anche loro sono figli legittimi della Milan col coer in man” che però non si accorge di loro. Poveri Maranza che ti aprono in due come hanno fatto con quel povero cristo di Saronno, il Danilo Shydlovskyi che però non interessa a nessuno essendo ucraino. Questo poveretto, 19 anni, ha incontrato i maranza celebrati dal Corriere, a Porta Garibaldi e quelli gli hanno fatto una cerniera lampo sulla faccia, sfregiato da fronte a mento, quasi quasi glielo lasciavano davvero el coer in man, uno della loro stessa età che andava a Saronno a faticare, no a stuprare o taglieggiare chi capita, che poi il Corriere lo racconta, lo epicizza, fingendo di preoccuparsi. “Tra rapine e uno stile tuta e borsello che fa tendenza”.

Ma voi lo sapete cosa scrivete? Lo sapete cosa cazzo andate facendo? Eh, ma per il Corriere che non ha più borghesia da rappresentare, solo le griffe, il problema non sta nella manovalanza criminale di questi ma nel fatto che il maranza è termine spregiativo, razzista, anni ‘80. Veramente gli zanza e i maranza a Milano ci sono e tali vengono chiamati almeno dai ‘60, se non prima: basta leggere le cronache di Giorgio Bocca, in coda a quel gioiello di sociologia narrativa che fu Il bandito Cavallero, 1967. Ma finiremmo per percorsi un po’ troppo complessi per il giornalismo istituzionale che usa oggi. Nella Milano di allora, del Ragno d’Oro che stava alle Varesine, guardie armate all’entrata, mitra siciliani e il sorgere poi dei Vallanzasca, dei Turatello che andavano a Roma a prendere a pesci in faccia quelli della Magliana, la Milano che il crimine spicciolo e duro preferiva non vederlo ma c’era, come c’erano i maranza e gli spostati e i meridionali che sposavano nei villaggi siculi o della Calabria eternamente presociali, poi salivano nell’hinterland e mettevano a battere le mogliettine le quali o impazzivano o si ammazzavano o facevano fuori il marito protettore.

Ma era più facile, più frequente fosse lui, il marito zanza o magnaccia, un bel giorno a dar di matto e, per una strana gelosia retrospettiva, a squartare la moglie che fin lì aveva dato un po’ a tutti, clienti, amici del paese, garzoni del droghiere. Per dire che certe miserie, certe sciagure nella metropoli termitaio, fetida e feroce ci sono sempre state e sempre ci saranno. Adattate ai tempi? Sicuro, ma in fondo sempre la solita storia. Ma non è il caso, ci pare, di fictionarla, per dire darne una visione romantica, commerciale, spendibile nel mercato pubblicitario e mediatico. Mentendo, oltretutto, sui significati ultimi, sulla comprensione definitiva del fenomeno: “A guardare i dati delle aggressioni e delle piccole rapine tra giovanissimi, i responsabili 90 volte su cento sono proprio loro. Reati molto «micro» ma che hanno un impatto fortissimo sulla percezione di sicurezza. Anche perché per molti l’essenza dell’essere maranza ha anche una deriva «criminale»: aggredire coetanei, fregare collanine e cellulari, oppure (in gruppo) picchiarli anche solo per sfida”. Così scrive il Corriere, questo è costretto a ammettere, sia pure tirando via, annacquandolo nell’esaltazione pubblicitaria e vagamente megalomane.

Allora aveva ragione chi dice che Milano è terra di conquista di nordafricani “di ultima generazione” che non si integrano mai, che stanno prendendo il sopravvento partendo dal prato basso criminale. Allora ha ragione il generale Benincasa che risponde, indirettamente, al sindaco Sala quando dice “a Milano non si può andare avanti ma ciascuno si prenda la sua responsabilità”, volendo dire, senza dirlo, non è colpa nostra se per l’amministrazione comunale questo stato di cose è perfettamente normale e condivisibile. Allora ha ragione anche il vostro cronista, che Milano la conosce, quando dice lo stesso: a Milano non vale più la pena di vivere e di morire, e racconta delle ragazze prese a pugni dai Maranza o disperati che siano, dei ragazzini tagliati con le forbici per 10 euro.

Ma siccome la verità delle cose non è gradita, quelli che trovano da ridire si consolassero con le cronache speziate e paracule, perché rigorosamente anodine, garantiste, del Corriere: “Nella sponda bassa sotto a viale Gorizia i gruppetti sono continui. Chi «scalda», chi «rolla». Accanto file di bottiglie di birra e amari comprati rigorosamente dal «bangla». Perfino il «Willy’s pub» che sul Naviglio Pavese pubblicizza 10 shot (bicchierini di super alcolici) a 12 euro è oltre il budget consentito. Così ci si attrezza con un fai da te continuo. Ogni gruppetto ha la sua cassa bluetooth: chi spara trap, la maggioranza musica rigorosamente araba”. Padre non perdonarli, sappiano o non sappiano quello che fanno.

Max Del Papa, 21 agosto 2023