Società

Gerontocrazia

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Un culto lovecraftiano per l’esperienza e per il prestigio del curriculum vitae, assurti a garanzia di indubitabile competenza, opprime il nostro paese in una apnea profonda. Cosa hanno, altrimenti, in comune i convergenti paternalismi del Prodi severo contestatore di domande sgradite e del Draghi dispensatore, in Senato, di una lezioncina di economia? Oppure l’Augias dell’immancabile reductio ad hitlerum e il Galimberti de “la pace che intorpidisce la dimensione guerriera”? Che dire del Vecchioni che, nella piazza del 15 marzo scorso, invita i giovani a riparare agli errori dei loro “padri”?

In un paese essenzialmente destabilizzato, immobilizzato da una radicale assenza di libertà economica, cooptato da familismo e nepotismo, una fascinazione gerontocratica ha preso, e non certo da oggi, definitivamente il sopravvento. È la venerazione della continuità che si fa idolatria per l’età anagrafica, come strisciante introiezione di paterna bonomia che affligge finanche i più giovani, orientandoli più all’obbedienza che al gusto per l’innovazione. E chissà che uno di questi veterani non decida di cimentarsi, un giorno, nell’arte del sermone carismatico.

Del resto, non ci sarebbe di che sorprendersi se uno di questi massicci ottuagenari azzardasse un suo personale Discorso della Luna per i derelitti contemporanei, già frustrati dal doverlo ascoltare di nuovo: tornando a casa, troverete i bambini; date una carezza ai vostri bambini e dite: “Questa è la carezza di un Grande Antico, che vi ama al punto di voler decidere per sempre al posto vostro”.

Alberto Arbasino, icastico, scrutatore potente dell’animo italico, oggi forse avrebbe rivisto la sua massima sui venerati maestri, commentandone la capacità di cristallizzarsi in una posa di autorevolezza perenne. Perché se, una previsione sbagliata dopo l’altra, sono diventati credibili quanto guru fantozziani, non per questo si risparmiano dall’agghindarsi con il contegno ieratico di eracliti redivivi, continuando a proliferare in giungle spiraliformi innervate di potere. Ponendosi come ultimi depositari di un’oscura cognizione, sono stati elevati a leggendari iperborei della mitologia esiodea, sospesi fuori dal tempo e, per diritto di anzianità, favoriti da un particolarissimo modello protettivo che si innesca automaticamente in occasione della pur minima e legittima critica.

D’altronde l’Italia si scopre di nuovo non fratricida, come voleva Umberto Saba, ma filicida: un Paese che immola i figli ai padri, in un ricorsivo circolo kafkiano che adatta, di continuo, la sua stessa gerarchia di valori secondo la convenienza del momento. Durante il COVID, i sopraccitati si erano variamente espressi per misure drastiche e provvedimenti ricattatori, facendo la parte del leone in simbiosi perfetta con il paternalismo di Stato che ci ha avvolti in blandizie e abbracci soffocanti – tutti in casa a salvare gli anziani, appunto: la vita è molto di più che la libertà! Ora che l’orizzonte si fa torbido, però, e la guerra si palesa come possibilità concreta, i venerati maestri iniziano tiepidamente a rassicurarci che sia proprio quella la strada giusta da percorrere. Siate sereni: la libertà vale molto più della vita!

Ai più maliziosi sarà già venuto il sospetto che la questione si dirima precisando la proprietà della vita. Se cioè, in gioco, sia la loro o la nostra. Un’esasperazione dello scenario geopolitico non sarebbe poi tutta questa gran tragedia, per loro: resteranno al riparo in qualche talk show generosamente definito salotto o terranno conferenze nel clima familiare di un contesto amico; i “giovani”, dal canto loro, già avviliti nelle sabbie mobili di oltre cinquant’anni di loro errori, possono anche andare a farsi sbudellare al fronte.

Se tutto ciò suona sinistramente assurdo, vuol dire che ancora sono da pensare adeguatamente la relazione tra dispotismo e democrazia, come anche la voracità naturale del potere stesso, che vuole espandersi e aumentare indefinitivamente, crescendo in estensione e intensità. Perché quel sapere iniziatico cui abbiamo accennato sopra, messa da parte la melassa dei buoni sentimenti, veramente è un segreto nelle mani di chi si muove “in strani eoni”. E, se proprio vogliamo continuare a considerarci tutti uguali, orwellianamente, è anche il caso di rammentare che qualcuno sarà sempre più uguale di tutti gli altri.

Michele Ferretti, 6 aprile 2025

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