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Gesù economista. Ricchezza, proprietà privata e giustizia sociale (Charles Gave)

Gesù Economista. Ricchezza, proprietà privata e giustizia sociale

Autore: Charles Gave
Anno di pubblicazione: 2018

Ci sono due pilastri della nostra civiltà occidentale ed europea. La logica che ci arriva dai greci e la morale giudaico-cristiana. Dario Antiseri ce lo ha spiegato in tutti i modi.

C’è un libro favoloso scritto da Charles Gave Gesù economista. Ricchezza, proprietà privata e giustizia sociale (IBL Libri, 2018) – che ci spiega e ci racconta questo secondo pilastro. Gave è un economista e si è messo in testa di leggere i vangeli non dal punto di vista dello storico, non del religioso, ma con l’interpretazione dell’economista.

Ci parla di un Cristo e di un vangelo in cui l’individuo, la persona, sono quelli dei liberali. Rilegge le parabole con gli strumenti dell’economista e ne esce una dottrina più vicina ai marginalisti austriaci (Hayek) che a quella «sociale» della Chiesa.

Tra le altre ci riporta la parabola, così poco nota, del proprietario terriero che ingaggia gli operai per la sua vigna. Tutti a un denaro, indipendentemente dall’ora dell’ingaggio. E quando fa il pagamento coloro che hanno lavorato di più si lamentano: «Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? In tutta evidenza, il padrone di casa era un economista della Scuola marginalistica austriaca. Ciò che fa il padrone sembra perfettamente ingiusto, ma è profondamente razionale dal punto di vista economico. Quello che conta per il padrone non è quanto paga i suoi operai, ma quanto i suoi operai gli apportano». Si tratta della più feroce critica al concetto di valore-lavoro introdotto da Karl Marx.

Ma non solo. Riprendiamo le ultime frasi della parabola: «Io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?».

La prima frase uccide la nozione tanto cara a tutti coloro che pensano «a lavoro uguale, salario uguale». Rompe il legame senza valore economico tra il tempo che si trascorre al lavoro e la remunerazione che se ne ottiene. In breve, una nuova implacabile condanna del «valore lavoro».

La seconda afferma la libertà del proprietario di fare ciò che vuole del suo bene, e quindi condanna ogni nozione d’intervento esterno nella libera disposizione del proprio patrimonio. Non esiste libertà senza la possibilità di fare ciò che si vuole del proprio bene.

Quanto alla terza, proclama con forza che la sola cosa di cui deve tener conto il padrone quando decide un’azione economica è la sua scala di valore. L’azione qui la carità eindividuale e volontaria e non può adattarsi ad alcun intervento esterno».

E abbiamo citato solo una lettura di Gave, nel libro ci sono decine di spunti. Ne riparleremo.

Nicola Porro, Il Giornale 24 giugno 2018