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Ghali alla Mecca, più influencer che musulmano

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L’islamismo pubblicitario di Ghali a la Mecca è come la beneficenza di Bill Gates, di Chiara Ferragni: sovraesposto, che il mondo sappia, così torna sotto forma di buoni affari. La foto parla da sola, è la foto di un influencer, in posa da influencer, con il resto del mondo, città santa, per sfondo. Questo Ghali ha semplicemente fiutato il vento e vende il suo prodotto, cioè se stesso. Ora va a Sanremo a invocare, ma con l’aria di chi lo pretende dall’alto della sua religione influencer, “stop al genocidio di Gaza”, ovviamente nel disprezzo del silenzio per l’altro genocidio, quello sugli ebrei del 7 ottobre; ora si fa i selfie glamour, patinati, a la Mecca, ora frigna, come una Egonu qualsiasi, su un non meglio precisato razzismo, sull’integralismo, tutti gli ismi dei quali quelli come lui non sanno niente ma crocchiano bene in bocca, sono fragranti.

C’è, lo dicevamo a proposito della pallavolista, un processo di autoesaltazione a base di vittimismo aggressivo che è una ambiguità nell’ambiguità: questa gente, quando le fa comodo sputa, lei, con accenti davvero razzistoidi, sull’Italia in cui cresce e magari ha fortuna, “mai un figlio in un posto del genere”, oppure i disegnini dei maiali sui social per indicare i giornalisti, gli italiani; ma, all’occorrenza, quando fa comodo altrimenti, si riscoprono i sentimenti patriottici, magari “per dare voce ai bambini”, marocchini, tunisini, nigeriani, che non ce l’hanno, che vengono quotidianamente schiacciati, qui, da un razzismo austriaco. Davvero?

Che sono questi Ghali, queste Egonu? Italiani nativi o di seconda generazione, italiani arci o antitaliani? Italiani a targhe alterne? Dicono di sentirsi parte del Paese che va dalle Alpi al Lilibeo, ma non rinunciano a un odio strategico nel quale il vittimismo aggressivo e paraculo la fa da padrone. Ghali questo vittimismo lo dilata, lo allarga a una comunità musulmana sparpagliata, confusa, che pretende, o millanta, di rappresentare: da quale pulpito parla? Quello di Sanremo? E per quali riscontri si accusa l’Italia di voler eliminare i musulmani quando è con ogni evidenza il contrario, quando da un istituto di Pioltello uno strampalato “diritto al Ramadan” dilaga immediatamente, per il tramite dell’Università degli stranieri di Siena diretta dall’immaginifico Tomaso Montanari, a tutti gli atenei del Paese nell’incredibile connivenza o viltà dei rettori che non fiatano se non meglio precisati “studenti” o Giovani Musulmani d’Italia, sui quali non sarebbe forse inutile indagare, che esigono, dico esigono, il fermo didattico totale, assoluto per il loro Ramadan.

Allora, Ghalletto, chi è che cancella chi? Chi impone cosa? La democrazia rappettara e teocratica prevede quanto segue: tolleranza illimitata dagli ospitanti laici, arroganza e indisponibilità radicale dalle minoranze fanatizzate, ospitate in virtù del principio per cui chi sbraita più forte, chi minaccia, chi sbandiera il suo dio, la spunta. Che è quanto precisamente sta accadendo non solo in Italia ma nell’Occidente intero con le conseguenze che tutti, meno Ghali, vedono. E non le vede perché non gli conviene vederle, a lui preme il misticismo consumistico con la Mecca a fare da quinta.

Allora, cari, siete italiani a metà, del tutto o per niente? Perché se vi sentite ancora e sempre in transito, se vie, piazze, usi, costumi, sensibilità non vi appartengono, nessun problema ma non potete venir qui a rivendicare la qualunque, stante la vostra autopercezione di allogeni; se invece, come a giorni alterni sembra accadervi, vi considerate più italiani, italiani veri di Toto Cotugno, allora siete tenuti a rendervi conto che il vostro vittimismo strategico e aggressivo, per minimo che sia, finisce, lo vogliate o no, ma probabilmente sì, per nutrire quel processo perverso e delirante che ha a che fare con l’autocannibalismo di un Occidente che ormai si sente in colpa per tutto, perfino per accogliere chi dà l’accoglienza per doverosa, per riconvertire e se mai cedere le sue chiese, per chiudere le sue scuole, per aprire le sue case, per consegnarle secondo graduatorie del tutto pretestuose agli ultimi arrivati, per abolire le proprie festività, per imporre, grottescamente, quelle altrui; e si induce a chiedere scusa anche quando viene violato, stuprato, fatto oggetto di strage o semplicemente di intolleranza. In una parola: addafennì.

Per questo i Ghali, le Egonu, non sono credibili: perché vedono, percepiscono, sentono si sentono a metà. E la loro metà è puntualmente finalizzata. Non si può cavare il mare da una tazzina di caffè, e non è decente ululare al razzismo o allo sterminio dei musulmani in Italia, quando, parola dei servizi segreti, degli apparati di sicurezza, in Italia ormai è pericoloso avventurarsi per effetto di un Islam sempre più aggressivo nelle sue mille forme e mille manifestazioni. La cronaca, più che quotidiana, è oraria: ora due mocciosi prendono a sputi una che passa, ora un parrucchiere col machete “comperato al Lidl” vuole aggredire, pateticamente, mezzo studio televisivo: e un rappettaro treccioluto suo compare, tra un selfie e l’altro, accusa chi ha indorato la sua mediocrità di volere la scomparsa dei suoi correligionari? Fai ridere, Ghali.

Max Del Papa, 9 aprile 2024

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