Ghali e la sindrome Saviano: “Io censurato”. Ma lo sbugiardano

L’artista pro-Pal ha provato a vestire i panni del martire (ancora una volta), ma ha rimediato un’incredibile figuraccia

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Ghali

“Che figura di merda”. Il celebre fuorionda di Emilio Fede al Tg4 calza a pennello con la nuova storia di tentato vittimismo da parte di un artista di sinistra. Lo schema è sempre lo stesso, rodato e consolidato: inventarsi un episodio di censura per vestire i panni del martire e diventare il paladino anti-governo. Lo ha fatto Antonio Scurati, lo ha fatto più di una volta Roberto Saviano. Ora è nuovamente il turno di Ghali, l’artista noto più per le polemiche che per le sue canzoni. Sì, perché il cantante pro-Pal si è inventato di punto in bianco di essere stato escluso da un importante evento musicale, raccogliendo grande sostegno e vicinanza. Ma, come dicevamo, è una storia che non corrisponde a verità.

Andiamo per gradi. Intervistato da Middle East Eye, Ghali ha accusato l’industria musicale di reazioni “spaventose” nei confronti degli artisti che parlano della crisi in Medio Oriente. Poi l’artista ha denunciato di essere stato punito per le sue frasi a sostegno della popolazione di Gaza e sul cessate il fuoco sulla Striscia con l’esclusione dalla tappa di Radio Italia Live di Napoli, in programma il 27 giugno. Nessun dubbio per il rapper: la censura è legata a quanto accaduto nella tappa milanese della kermesse musicale, quando chiese un minuto di silenzio per la Palestina. Un eroe pro-Pal, una voce libera della sinistra, un alfiere anti-Israele. Ma c’è un problema: Radio Italia non se l’è filato proprio.

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Radio Italia ha immediatamente preso posizione e ha smentito categoricamente la ricostruzione di Ghali, parlando di un equivoco: “L’invito per Ghali era inizialmente previsto per l’evento di Napoli, in seguito, su insistenza dello stesso artista e del suo management, direttamente con il nostro Presidente, si era riusciti ad inserirlo nel cast di Radio Italia Live – Il Concerto a Milano, lo scorso 15 maggio. L’invito per Napoli è quindi automaticamente decaduto e, infatti, il nome di Ghali non è mai apparso nell’elenco ufficiale del cast di Napoli, rilasciato lo scorso 28 maggio”. Nessun taglio per la sua linea pro-Pal, nessun sabotaggio per le sue idee filo-Gaza. Ma poi come si può parlare di censura? Ghali può dire quello che vuole e quando vuole, come del resto ha fatto nelle ultime uscite pubbliche. Basti pensare alla sceneggiata al Festival di Sanremo, quando prese il microfono per invocare lo “stop al genocidio”, inconsapevole del significato di quella parola.

Nessuno ce l’ha con Ghali, che forse dovrebbe dedicarsi un po’ più alla musica e un po’ meno alle polemiche strumentali. Gli artisti possono avere tutte le idee che vogliono e possono, anzi devono, esprimerle. Ma questo non significa cercare puntualmente di vestire i panni del martire, inventando nemici e bavagli immaginari.

Massimo Balsamo, 7 giugno 2024

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