Politica

Giannini, non ti fai un po’ schifo?

L’editorialista di Repubblica difende Prodi e insulta la collega aggredita dal Professore

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Se il Manifesto di Ventotene non ci fosse stato avrebbero dovuto inventarlo, ma anche riesumarlo non è male: è la fortuna non tanto dei comunisti in fuffa liberale quanto di chi comunista non è: tu gli citi i passi scabrosi, leninisti, sulla proprietà privata da abolire, da regolamentare, sulle masse da guidare, e loro li sentono e vanno in furia. I comunisti sono cretini di default: in rete il Manifesto autoritario si trova dappertutto, pronto da scaricare o da leggere senza spese, ma loro ne hanno fatto il documento più comprato. Come ai tempi della pessima letteratura comunista di Einaudi e Feltrinelli che nessuno leggeva, ma che faceva arredo, si poteva mostrare agli ospiti.

Il Manifesto dell’Europa in prospettiva sovietica serve pure a disvelare l’attitudine intollerante che discende dritta dai deliri spinelleschi, l’arroganza sul volgare di chi dall’alto della propria ignoranza considera ignoranti tutti gli altri, i fuori parrocchia, i non allineati. Prodi maltratta, per dire le cose come stanno, una temeraria inviata di Quarta Repubblica, Lavinia Orefici: e le testate del regno, i siti parassitari si sfiniscono a giustificarlo, anzi a contestualizzarlo, come va di moda oggi; tra gli acrobati spericolati della morale doppia e tripla, l’immancabile Massimo Giannini, quello che inanella flop ma sempre con grande sussiego: eccolo su X – ma come, non doveva mollarlo anche lui questo reame del nazismo tecnocratico? – definire la maleducazione del boiardo “una lezione ai poveri sicari del giornalismo di regime”. Sicari per rivolgere una domanda!

Il giornalismo di regime per quelli come Giannini è tutto il giornalismo che non sta nel suo regime. Chissà se a Ventotene erano previste le purghe per le giornaliste donne da mortificare e, pare, ma non è certo, da prendere per i capelli con cipiglio senile: si può capire che i siti parassitari gettino bava sul fuoco, non è vero, quella si è inventata tutto, ma sa un po’ di difesa dei maranza contro gli sbirri: poi, quando lo sputtanamento è compiuto, basta fischiettare. Per Giannini la democrazia sarebbe insultare, maltrattare i giornalisti, anzi le giornaliste “di regime”, inteso come i network privati dove lui e le sue amiche vanno ogni volta che possono; qui comunque c’è da registrare un altro effetto avverso per lui: la sua sortita social ha raggiunto un discreto numero di visite, è, come si dice, diventata virale, ma nei commenti chi approva sta in proporzione di uno su mille, su diecimila: saranno pure tutti sicari di regime, ma gli ricordano le sue gesta, la chat antifà dove svolazzavano minacce, il suo inchinarsi a molla o a pila davanti allo Speranza di turno, con Giannini di materiale ce n’è un’infinità e la Rete, come si dice, ha la memoria lunghissima, a dimostrazione che la circolarità non è niente senza controllo, che spesso essere sovraesposti non significa essere famosi ma famigerati.

Il manifesto stalinista di Ventotene se non ci fosse avrebbero dovuto scriverlo: è il riflesso della sinistra che, specchiandosi, si fa un po’ schifo e allora spacca lo specchio, vergognandosi di ciò che vede incolpa le leggi della fisica o della logica. Un tempo si chiamava lingua di legno, doppiezza comunista, oggi lo chiamano contestualizzare. Resta la maleducazione tronfia, sbracata e non è un fatto anagrafico ma ideologico: questi sono così, ci nascono, ci crescono, ci muoiono, Ricolfi può fare i suoi bei libri, precisi, puliti, sul “Perché siamo antipatici” ma la questione si risolve in pochissime parole, col rasoio di Occam o con il buon senso circolare di Catalano: siete antipatici perché siete antipatici, perché siete come siete, perché non potete essere altro. Antipatici e ridicoli: fanno una gita alla Ventotene ormai trasformata nello Shangri-La, ci vanno in poche signore spettinate e sovrappeso, in compagnia di Zingaretti, dentro una giornata di vento e di burrasca: e queste cretinate sull’immaturo ostinato sarebbero rispolverare le sacre memorie in difesa della democrazia! Ieri il Manifesto di Marx, oggi quello di Spinelli, domani, se capita, se conviene, quello di Rocco Siffredi o della Gintoneria.

Antipatici e ridicoli, anche pietosi: riempiono chat e giornali di ossessioni sul machismo, sul bianco masco tossico, poi arriva un maschio bianco vecchio che strattona, che mortifica una giornalista donna, e lo difendono. Lo mettono nel contesto. Tra gli effetti avversi di Ventotene, avversi per chi lo porta come il rosario, questa conferma: ogni volta che la sinistra s’inventa qualcosa di sinistra, di europeista, c’è dietro la fregatura: la propaganda la pagano tutti, senza neppure saperlo, che si chiami sabato eurofascista di Serra, telepropaganda di Benigni, gita all’isolotto del Pd.

Dici Unione Europea e dici salasso, dici truffa. Ma, che volete, bisogna contestualizzare tutto, dire che leninisticamente, ventotenisticamente, ciò che si fa in nome e per conto del Partito riguarda tutti, è nell’interesse di tutti e quindi tutti lo devono pagare, pro quota. Roba da eterno Politburo, da solita nomenklatura anche se oggi il comunismo gira griffato, la sua è la progenie di chi 50 anni fa mollava la classe, la lotta di classe al suo destino perdente per votarsi agli affari, ai privilegi, per farsi appena possibile, ove possibile, nomenklatura, mandarinato. E se qualcuno ha qualcosa da obiettare, va fuori contesto. E si merita la tirata di capelli, o almeno di orecchi, nel sacro fuoco della democrazia progressiva di Ventotene.

Max Del Papa, 23 marzo 2025

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