Siamo rimasti ormai quasi solo noi. La Danimarca è uscita dalla pandemia e declassato il coronavirus. La Spagna ha riaperto gli stadi al 100% e da tempo vive abbastanza liberamente. Il Portogallo da oggi ha detto addio a tutte le misure anti Covid. Il Giappone idem, con tanti saluti anche allo stato di emergenza. E noi? L’Italia invece lo “stato di eccezione”, come lo definisce Cacciari, continua a mantenerlo in vita. E conserva ancora decine di limitazioni che impediscono il vero ritorno alla normalità. Nonostante i numeri favorevoli che arrivano dal monitoraggio dell’epidemia.
Il caso Portogallo e Giappone
Il primo ottobre è un po’ la boa per diversi Paesi. Lisbona da oggi infatti ha deciso di entrare “in una fase in cui sarà fondamentale la responsabilità di ciascuno”. Tradotto: a parte l’uso della mascherina al chiuso, tutte le altre restrizioni sono saltate. In Portogallo non servirà neppure esibire il green pass per accedere ad hotel e palestre, mentre resta necessario nei bar e nei locali notturni. Quelli che l’Italia ancora si ostina a tenere chiusi, rischiando di condannare le discoteche al fallimento. Sempre oggi è anche il giorno di Tokyo. Lo Stato di emergenza imposto nella capitale e in altre 18 prefetture sarà un ricordo del passato. I giapponesi, costretti alla chiusura dei ristoranti alle 8 e alla riduzione degli spettatori ai grandi eventi, potranno finalmente tornare pian pano alla normalità.
Danimarca e Norvegia fuori dall’incubo
In Norvegia le cose vanno ancora meglio. Lì il Covid è proprio finito. Locali aperti fino a tarda notte, capienza al 100% e, soprattutto, per il vicedirettore dell’Istituto di Sanità pubblica il coronavirus può essere considerato “una delle numerose malattie respiratorie con variazioni stagionali”. In Danimarca dal 10 settembre ormai di restrizioni non si parla più. L’unica limitazione in vigore resta l’uso della mascherina in aeroporto, per il resto nulla di nulla. Nemmeno il coronapass, ovvero l’equivalente del nostro green pass, che non è più obbligatorio presentare né nei locali pubblici diurni né nei locali notturni come club o discoteche.
La Spagna e l’eccezione italiana
Anche Madrid, a dire il vero, è “a un passo dal tornare a com’era prima della pandemia”. Da lunedì saranno soppressi infatti “tutti i limiti di capienza” dovuti al Covid in bar, ristoranti, discoteche, spazi culturali e via dicendo. Lo stesso già accade alla Castiglia, Leon, Navarra, Castiglia La Mancia. E lo stesso dovrebbe succedere in altre regioni del Paese a breve. Non solo. Perché il ministero della Salute spagnolo ha deciso che da questo turno di campionato gli stadi potranno tornare ad ospitare il 100% dei tifosi, mentre i palazzetti o gli eventi al chiuso non potranno andare oltre l’80%. E l’Italia? L’Italia invece ancora arranca. Il Cts nei giorni scorsi ha fornito le sue indicazioni alla politica, aprendo all’ampliamento della platea in alcune attività (75% stadi, 50% palazzetti, 80% teatri, cinema e sale concerti), ma senza dare il via libera definitivo. Nonostante l’altissimo tasso di vaccinati, più alto rispetto a tanti altri Paesi, il Belpaese resta tra i fanalini di coda nella classifica dei Paesi aperturisti. Tutti, o quasi, si lasciano la pandemia alle spalle. Tranne noi.