Reportage

Giorno 12 – I tre sigari cubani e l’uomo in mare: the last dance

La traversata atlantica vissuta giorno per giorno: è l’ultimo giorno di navigazione vera, siamo sani e salvi ma fortunati

il diario di Tia

Il mio amico Tia, un ragazzo italiano che ha tanta voglia di fare e che tanto fa, ha deciso di prendersi una pausa. Così si fa. Non è una questione di poterselo permettere, è questione di volerlo. Quindici giorni solo lui, un paio di colleghi di avventura e la traversata atlantica in mare. In questo diario ci regala le sue sensazioni. Non siamo con lui in barca, ma ogni giorno è un po’ come se lo fossimo.


È il nostro ultimo, vero giorno di navigazione. Siamo a meno di 100 miglia dalla Martinica. Fred ha deciso di accendere i motori per garantirci l’arrivo in tempo per il volo di ritorno. Avanziamo a 10 nodi, il mare è mosso, ma il sole ci accompagna in questo “ultimo” capitolo della nostra traversata.

A bordo si respira un misto di euforia e malinconia. L’euforia di ritrovare la terraferma dopo settimane in mare, lontani dal mondo e dai suoi rumori. La malinconia di dover salutare il grande blu che ci ha cullati, spaventati, emozionati e accolti in ogni sua sfumatura. Abbiamo vissuto tre settimane al ritmo del vento, del sole e delle stelle, dove ogni istante era puro, pieno, importante. L’idea di tornare alla vita “normale” sembra quasi irreale.

Giorno 12

Cerco di imprimere ogni dettaglio nella memoria: ogni sguardo sul mare, ogni onda che si infrange, ogni suono che il vento porta con sé. Non voglio dimenticare nulla di questi ultimi momenti.

Al tramonto, come da tradizione, ci riuniamo a prua. Fred ha conservato tre sigari cubani per l’occasione, un regalo per celebrare questo momento unico. Ci siamo noi tre: Fred, Lucas e io, a condividere l’ultimo spettacolo del giorno. Il cielo sembra aver riservato il suo gran finale per noi: un tramonto di una bellezza disarmante, forse perché sappiamo che è l’ultimo, o forse perché cerchiamo di viverlo con tutta l’intensità possibile. È il più bello, un’esplosione di luce e colore, come il gran finale di uno spettacolo di fuochi d’artificio.

Leggi anche:

Fred si improvvisa DJ e mette i classici della musica francese: Aznavour, Renaud, Brel. Le note si fondono con il suono delle onde, rendendo questo istante ancora più magico.

La notte arriva presto, avvolgendo il cielo in un manto scintillante di stelle. Mi sdraio sulle reti del catamarano, con gli occhi persi in quel cielo stellato che sembra così vicino da poterlo toccare con una mano. La cena è pronta, ma non riesco a staccarmi. Ho fame di questi momenti, che so di non ritrovare a casa. Sono il vero cibo per l’anima.

Giorno 12

A tavola, però, le notizie che arrivano rompono l’incanto. Due tragedie hanno segnato la giornata odierna sulla regata ARC, partita il giorno dopo di noi da Mindelo, Capo Verde. Un uomo è caduto in mare e, nonostante i soccorsi delle barche più vicine, non è stato ritrovato. Di giorno, con onde così alte, è già quasi impossibile tenere a vista una persona in mare; di notte, la speranza si riduce a zero. L’unico modo è lanciare un salvagente con un radiofaro AIS MOB (Man Overboard) attaccato. Questo dispositivo invia un segnale AIS, permettendo di individuare con precisione la posizione della persona in acqua. Tuttavia, se il buio cala prima… la ricerca diventa una missione quasi impossibile.

Un’altra barca, un catamarano, ha subito un’avaria, una via d’acqua, e l’equipaggio ha dovuto abbandonare l’imbarcazione rifugiandosi sulla zattera di salvataggio. Per fortuna, sono stati soccorsi in tempo.

Rifletto su quanto siamo stati fortunati. Non abbiamo avuto problemi seri, né a noi né alla barca. Siamo riusciti a attraversare l’oceano, sani e salvi, con la barca che ci ha portati dall’altra parte in condizioni impeccabili. Mi sento grato, profondamente grato, mentre guardo le ultime onde che ci separano dalla terra.