Giorno 5 – Nel mezzo del nulla senza via di fuga. Da se stessi

La traversata atlantica vissuta giorno per giorno: il tempo qui ha un peso diverso, non c’è né prima né dopo. Solo l’adesso

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il diario di Tia

La notte è calma. Una luna sorridente ci accoglie, complice silenziosa del nostro turno di guardia. È uno degli ultimi giorni di luna calante: uno spicchio sottile, perfettamente orizzontale, che tratteggia un sorriso argentato.

Navighiamo verso nord, mantenendo una rotta di 326 gradi. Il vento soffia costante a 10 nodi, mentre la barca scivola sull’acqua a 7,5 nodi, spinta dalla randa e dal gennaker.

Siamo ormai (quasi) a metà strada del nostro viaggio. La terra più vicina è lontana: sei giorni di navigazione a est, sette giorni a ovest e otto giorni a sud (Brasile). L’espressione “essere in mezzo al nulla” qui trova il suo significato più autentico. Eppure, contro ogni aspettativa, questo nulla non spaventa. Temevo di sentirmi perso, sopraffatto dall’immensità, ma ora che ci sono dentro mi accorgo che mi dà pace, quasi un senso di appartenenza.

Fred, con lo sguardo illuminato dal monitor di bordo, alza gli occhi verso di me e sorride. “Preparati,” dice. “Domani fai il bagno.” Una tradizione, mi spiega: chi attraversa un oceano per la prima volta deve immergersi nelle sue acque a metà del cammino, come un battesimo salato, un segno di rispetto per il grande blu.

In realtà, la cosa che mi spaventava di più di questa traversata, era ritrovarmi da solo con me stesso, con i miei pensieri e le mie paure. Qui non ci sono scorciatoie. Qui non posso fuggire. Devo affrontare i miei pensieri e le mie paure, affrontare me stesso, onda dopo onda.

Quando sono salito a bordo, il capitano mi ha fatto il briefing sulla sicurezza, cosa fare se c’è un uomo in mare, se c’è un inizio d’incendio, se imbarchiamo acqua, se bisogna abbandonare la barca. C’è una risposta, una manovra, un protocollo da seguire per ogni emergenza. Ma su come fare quando vuoi scappare dalla tua testa, dai tuoi pensieri, dalle tue paure, da te stesso… non esiste manovra né protocollo che possa portarti in salvo.

Le altre puntate:

I primi giorni sono stati facili. Qui non esistono rifugi nelle distrazioni quotidiane, né interferenze capaci di interrompere il dialogo interiore. Il mare diventa uno specchio limpido dell’anima, capace di riflettere ogni emozione nella sua forma più pura e autentica. Non ci sono vie di fuga. Nessuna distrazione, nulla che possa attenuare o mascherare ciò che provi, nel bene o nel male. Sei tu, quell’emozione, e il mare.

Qui, ogni piccola cosa assume un valore diverso. Le dedichi tempo, cura e attenzione. Qualsiasi attività tu stia facendo diventa, in quel preciso istante, la cosa più importante al mondo. Perché, in fondo, non c’è altro.

Abbiamo passato l’intera giornata lavorando sulla barca: pulire, smontare, sistemare. Un vero e proprio cantiere galleggiante. Io mi sono dedicato a lucidare tutti gli anelli di fissaggio, uno per uno. Poi abbiamo dovuto smontare mezza cabina, la nostra, per cercare una placca in acciaio inox che era scivolata tra due paratie della barca mentre smontavamo un anello di fissaggio. Senza mai ritrovarla.

Il tempo qui ha un peso diverso. Si vive secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, ora dopo ora, alba dopo alba, tramonto dopo tramonto. Ti rendi conto davvero di cosa significhi vivere il momento, l’istante.

Non c’è un prima, non c’è un dopo, c’è solo ciò che stai vivendo ora.

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