Da giorni abbiamo assistito imperterriti e sgomenti a scene di ordinaria follia, a pochi chilometri da noi, in Francia. Bande di immigrati di seconda, terza, quarta, quinta o ventesima generazione, come si preferisce chiamarli oggi in alcuni ambienti, intenti a fare razzie, distruggere e depredare qualsiasi cosa trovassero. Il pretesto, manco a dirlo, è stato un atto di estrema violenza da parte della polizia francese, che ha causato la morte di un giovane di 17 anni. Tutte cose trite e ritrite, che a molti paiono assolutamente lontane dalla nostra realtà. La Francia ha adottato una politica di accoglienza spregiudicata e continua che prosegue da decenni, assolutamente. Il problema delle banlieue esiste da anni, nessuno lo nega. Eppure, siamo così certi che nel nostro paese eventi simili non si verificheranno mai?
Prendiamo il nostro Nord Italia, ad esempio. Nei capoluoghi delle due regioni, assieme al Veneto, che trainano buona parte dell’economia nazionale, ossia Milano e Torino, da anni si sta assistendo alla nascita di veri e propri quartieri ghetto, come Barriera di Milano nella città sabauda o San Siro in quella meneghina, popolati quasi interamente da immigrati, dove lo Stato è assente e le regole non vengono rispettate, mai. Parti della città puntualmente ignorate dalle rosse amministrazioni comunali, dedite per lo più all’organizzazione di fondamentali eventi di natura culturale e sociale come i gay pride, e che restano dunque in mano a criminali e facinorosi, spesso di origine straniera.
Prendiamo il caso di Milano. Oltre alle note violenze che si notano in certe zone, come la Stazione Centrale, le cronache nazionali (a dire il vero, una certa parte di stampa se ne tiene ben alla larga da informarci su queste notizie; preferiscono, che so, farci un quadro completo di tutto l’albero genealogico della famiglia del Presidente del Senato, come se ciò avesse rilevanza legale) ci raccontano di episodi continui di violenza, soprattutto risse. Non solo nel capoluogo meneghino, ma in tutto l’hinterland. Basti pensare al recente caso di una lite tra sudamericani, sfociata nell’accoltellamento di un ventenne peruviano a Sesto San Giovanni la scorsa domenica. O la maxirissa in via Emilio Faà di Bruno tra 60 persone di etnia rom munite di bastoni e bottiglie scaturita per un litigio per futili motivi coinvolgendo i residenti in zona. Vera e propria guerriglia urbana. E parliamo solo dei due episodi più recenti.
Torino segue a ruota. Vi avevamo già parlato dell’allarme baby gang, ma la situazione non è assolutamente migliorata, ovviamente. Anzi, come riportato dal quotidiano La Stampa, i carabinieri sono arrivati a identificare più di 200 ragazzi che sarebbero collegati in qualche modo alle bande giovanili che agiscono anche nel centro città, non limitandosi alle zone periferiche. La maggior parte degli autori dei furti degli ultimi giorni, spesso a danni di coetanei, è nordafricana.
Una situazione insostenibile in tutta Italia, della quale i due esempi citati raffigurano solo lo specchio di una bomba a orologeria che, se non disinnescata, rischia di portarci in qualche anno in una situazione simile a quella dei vicini d’Oltralpe. Perché chi oggi compie una rapina o fa scattare una rissa a 15-16-17 anni, cosa può arrivare a fare quando di anni ne avrà 25? Stare bene all’erta e sull’attenti sembra essere il minimo indispensabile in questo momento, per prevenire fenomeni che, solo qualche anno fa, nel nostro paese sembravano pura fantasia.
LC, 13 luglio 2023