Giudice-Trocchia, le 5 stranezze che non vi dicono

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Trocchia e Giudice

Chi bazzica un po’ il mondo del giornalismo sa che da qualche tempo sulla scena si è gettata, con fare scoppiettante, una nuova figura solita spifferare i segreti più o meno noti della politica, del giornalismo (che poi spesso sono la stessa cosa) e della cronaca rosa. Una sorta di Dagospia, ma via X. Si chiama Pizzaliks, l’autore (o gli autori?) si definisce donna (e di questi tempi è già una rivoluzione), nata a Napoli, bella, sfacciata e capace di sedurre uomini e donne al fine di raccogliere “tanti segreti”. Gli ultimi lanci sono stati dedicati con inattesa perseveranza al caso di Sara Giudice e Nello Trocchia, i due cronisti del Domani ed ex PiazzaPulita, accusati da una collega Rai di violenza sessuale in taxi.

La storia la conoscete e non staremo qui a ripeterla. Quello che Pizzaliks fa notare, invece, sono gli insegnamenti che si possono trarre da questa vicenda. Molti li avevamo già sottolineati su queste nostre colonne. Altri sono decisamente condivisibili. E visto che nel suo tweet si diceva felice di leggere le opinioni dei lettori, abbiamo pensato di riprenderne alcune. E di commentarle. Ha ragione la focosa spifferatrice di segreti a ritenere che vi siano almeno 10 punti che bisogna considerare.

1. Primo: “⁠Se i presunti colpevoli sono giornalisti, sul piano della comunicazione vengono trattati con i guanti e l’inchiesta che li riguarda viene coperta dal riserbo più assoluto (i fatti risalgono al 29 gennaio 2023, se ne è avuta notizia dopo un anno e sette mesi: e non dalla magistratura). Anche quando la notizia emerge dal buio, poi, ci sono quotidiani che non ne ne parlano, la censurano, insomma”. Lo avevamo già fatto notare anche noi: guarda caso, mentre nei casi di cronaca, soprattutto giudiziaria e politica, basta un minimo sospetto per scatenare i segugi redazionali, stavolta tutto tace. O quasi. Il Domani, per dire, ha deliberatamente ignorato la notizia che riguarda un suo cronista. Vedi tu il caso.

2. Secondo insegnamento: “Se i presunti colpevoli sono giornalisti, trovano subito un compiacente intervistatore innocentista, a partire dalla impostazione delle domande (come emerge nitidamente da questa intervista di Selvaggia Lucarelli, pubblicata sul Fatto Quotidiano“. Anche questo, ci eravamo premurati di farlo notare: mai letta un’intervista così da parte di Selvaggia, una sorta di miracolo. Bene fa Pizzaliks a sottolinearlo.

3. Terzo: “⁠Anche una donna accusata di stupro usa le stesse argomentazioni di autodifesa dei maschi accusati di stupro, ovvero dice che la presunta vittima in realtà era ‘consenziente’ e che lei semmai è la vera vittima”. Andatevi a leggere l’intervista di Sara Giudice, anzi tutte e due. Siamo al secondo miracolo: il #MeToo è morto. Passare dal “no è no” sempre e comunque alla “crisi di conformismo” è stato un attimo. Bastava accusare un cronista di sinistra.

4. Quattro: “Non ho memoria – si legge nel tweet – di altri casi di presunto stupro in cui il Pubblico Ministero non abbia ritenuto di ascoltare la presunta vittima e di archiviare l’inchiesta”. In effetti, è strano. E l’avvocato della presunta vittima è proprio su questo che farà leva per chiedere al Gip di opporsi all’archiviazione e mandare a processo i due giornalisti.

5. Cinque: il vittimismo. “⁠Se i presunti colpevoli sono giornalisti di sinistra e dell’inchiesta a loro carico dà notizia, con uno scoop, un giornale di destra (in questo caso La Verità), la vicenda penale viene catalogata come manovra politica (lo ha ventilato Sara Giudice, ndr) e i presunti colpevoli, con una inaudita capriola mediatica, diventano presunte vittime, anzi vittime certe”. Oltre che un po’ da frignoni, evocare il complotto è falso come una moneta da tre euro. Infatti la stampa di ogni ordine e grado quando vede una notizia giudiziaria, soprattutto se scabrosa, ci si fionda a capofitto. È sempre successo (vedi casi La Russa, Ciro Grillo, eccetera eccetera eccetera) ed è accaduto anche stavolta.

E ora arriviamo ai sacrosanti principi che su questo sito andiamo ribadendo da giorni. Il caso Giudice-Trocchia si spera che possa insegnare ai giornalisti a trattare con più garbo certe notizie, garantendo guanti bianchi a tutti, non solo ai giornalisti del Domani o agli inviati di PiazzaPulita. Intanto “bisogna essere garantisti fino alla sentenza definitiva e dar voce al presunto colpevole oltreché alla presunta vittima e trattare l’uno e l’altra con pari rispetto”. Poi sarebbe il caso di “aspettare la fine delle indagini o l’eventuale rinvio a giudizio prima di far diventare pubbliche le accuse nei confronti di qualcuno; e dare sempre voce, nelle cronache giudiziarie, anche alla difesa”. Inoltre “non bisogna farsi condizionare in alcun modo dalle questioni parentali e o politiche se sono estranee al perimetro penale ed estranee debbono rimanere”. Qui l’abbiamo detto e ripetuto: i giustizialisti di maniera che per i figli di La Russa e Grillo hanno emesso sentenze basandosi solo sulla denuncia della presunta vittima (sì, l’ha fatto anche il Domani) avrebbero dovuto utilizzare lo stesso metro anche con Sara Giudice e Nello Trocchia. Invece nulla.

Infine, conclude Pizzaliks, “non è accettabile sul piano della logica e del buonsenso, oltreché del rispetto dovuto a tutte le persone, che si possa decidere di archiviare l’inchiesta senza aver ascoltato la presunta vittima”. Chiaro.

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