Giuli, Spano &co: è ora di abolire il ministero della Cultura

Non siamo mica l’Unione Sovietica. Basta un esperto tecnico per la gestione dei beni culturali

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Giuli Palazzo Chigi

Le travagliate vicende legate al ministero della Cultura sono un doppio autogol non solo per il governo, ma per tutta quella compagine politica “non di sinistra” che per semplicità chiamiamo “destra” (Anche se queste distinzioni ideologiche appartengono al secolo scorso).

Si è voluto politicizzare fortemente il ministero (“della cultura”, al singolare appunto) quasi fosse una scomposta vendetta rispetto ad anni di egemonia culturale di sinistra, senza accorgersi che così facendo si è caduti nell’errore uguale e opposto di sottomettere la cultura alle esigenze di propaganda politica anziché lasciarla libera, come la cultura dovrebbe essere. Ma l’esito tragicomico a cui quotidianamente assistiamo non fa altro che ricacciare la destra italiana in quello stereotipo di subalternità culturale da cui per decenni faticosamente cercava di affrancarsi.

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Un autogol anche per Meloni che prima difende Sangiuliano e poi lo fa dimettere per questioni di natura privata, diciamo sentimentale, poi lo sostituisce, senza troppa riflessione, con un personaggio che la sta mettendo di nuovo in difficoltà per scelte politiche “divisive” e grande arroganza, e che però difende in ogni modo, con il rischio che alla fine anche questo debba dimettersi e allora Meloni si coprirebbe di ridicolo.

Ma poi mi chiedo e vi chiedo: abbiamo bisogno di un ministero della cultura? Non siamo né nella Unione Sovietica (ci basta quella Europea) e neppure nel “ventennio” (ci basta Meloni ), lasciamo che la cultura sia libera, non di Stato ma della società.

Sarebbe sufficiente un Ministero dei Beni culturali con a capo un esperto di arte e musei, bellezze naturali se vogliamo di spadoliniana memoria. E già, ma oggi chi da chi era Giovanni Spadolini, l’“inventore” di quel ministero?

Paolo Becchi, 26 ottobre 2024

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